Introduzione del delitto di tortura nell’ordinamento italiano
La legge 14 luglio 2017 n. 110, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.166 del 18 luglio, introduce il reato di tortura recependo così, nell’ordinamento italiano, quanto indicato nella Convenzione di New York del 1984 ciò nonostante ha sviluppato, durante il suo iter, contrapposizioni e accese polemiche sia nell’opinione pubblica che tra le forze politiche.
Il novello art. 613 bis del c.p. prevede così la pena della reclusione da quattro a dieci anni per “chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudelta’, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della liberta’ personale o affidata alla sua custodia, potesta’, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa,” quando ” il fatto e’ commesso mediante piu’ condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignita’ della persona.”
Qualora a commettere il reato è un pubblico ufficiale o incaricato di pubbico servizio, la pena prevista è della reclusione da cinque a dodici anni; la norma prevede che quest’ultima fattispecie aggravata non si applica se le sofferenze per la tortura derivano unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti.
Le aggravanti previste dall’art. 613 bis c.p., derivanti dai comportamenti previsti dalla fattispecie descritta, sono così schematicamente riportate:
- lesione personale e lesione personale grave: la pena è aumento fino a 1/3;
- lesione personale gravissima: aumento della metà;
- morte quale conseguenza non voluta: 30 anni di reclusione;
- morte quale conseguenza voluta: ergastolo
Indrodotto altresì l’art. 613 ter c.p. che punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni il p.u. o l’incaricato di pubblico servizio che, nell’esercizio delle proprie fnzioni istiga un suo pari a compiere il delitto previsto e punito dall’art. 613 bis c.p.
R.B
Legge 14/7/2017 n. 110 (GU 18/7/2017 n. 166)
Introduzione del delitto di tortura nell’ordinamento italiano
Articolo 1
Introduzione degli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale, concernenti i reati di tortura e di istigazione del pubblico ufficiale alla tortura
1. Nel libro secondo, titolo XII, capo III, sezione III, del codice penale, dopo l’articolo 613 sono aggiunti i seguenti:
«Art. 613-bis (Tortura). – Chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudelta’, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della liberta’ personale o affidata alla sua custodia, potesta’, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, e’ punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni se il fatto e’ commesso mediante piu’ condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignita’ della persona.
Se i fatti di cui al primo comma sono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, la pena e’ della reclusione da cinque a dodici anni.
Il comma precedente non si applica nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti.
Se dai fatti di cui al primo comma deriva una lesione personale le pene di cui ai commi precedenti sono aumentate; se ne deriva una lesione personale grave sono aumentate di un terzo e se ne deriva una lesione personale gravissima sono aumentate della meta’.
Se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena e’ della reclusione di anni trenta. Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena e’ dell’ergastolo.
Art. 613-ter (Istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura). – Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio il quale, nell’esercizio delle funzioni o del servizio, istiga in modo concretamente idoneo altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura, se l’istigazione non e’ accolta ovvero se l’istigazione e’ accolta ma il delitto non e’ commesso, e’ punito con la reclusione da sei mesi a tre anni».