Non serve la richiesta del consenso per il prelievo volto all’accertamento della guida in stato di ebbrezza

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 25 ottobre 2017 – 8 febbraio 2018, n. 6119

Per il prelievo ematico, volto all’accertamento della guida in stato di ebbrezza o sotto effetto di sostanze stupefacenti, non necessita che venga richiesto nessun consenso  né dalla polizia giudiziaria né dal medico quale pubblico ufficiale, il quale può senz’altro procedere al prelievo, a meno che non si trovi di fronte a un rifiuto da parte dell’interessato.Così ha stabilito la IV sez. di Cassazione penale  con la sentenza n. 6119/2018.

L’accertamento ematico per le violazioni previste dall’art. 186 e 187 del Codice della Strada può essere fatto anche se il conducente era alla guida di una bicicletta.

Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: DI SALVO EMANUELE
Data Udienza: 25/10/2017

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D M A nato il 11/07/1962
avverso la sentenza del 13/04/2015 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere EMANUELE DI SALVO
Il P.G. DI NARDO MARILIA conclude per l’inammissibilità.
Udito il difensore

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

  1. D M A ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata la pronuncia di condanna emessa in primo grado, in ordine al reato di cui all’art. 186 cod. strada.
  2. Il ricorrente deduce violazione di legge, poiché il consenso al prelievo ematico non può essere richiesto dal medico ma soltanto dalla polizia giudiziaria, da cui proviene la domanda di eseguire l’accertamento, non trattandosi di un atto terapeutico. Così come è compito della polizia giudiziaria redigere verbale dell’atto, in mancanza del quale l’accertamento è invalido.
  3. Il ricorso è manifestamente infondato. Risulta, infatti, dalla sentenza impugnata che l’imputato aveva causato un incidente, procedendo a zig-zag e toccando con il manubrio del velocipede sul quale viaggiava, unitamente ad un’altra persona, lo specchietto retrovisore di un’auto che aveva affiancato, così cagionando la caduta a terra del veicolo. Orbene, in relazione al caso di sinistro stradale, si è condivisibilmente ritenuto, in giurisprudenza, che il prelievo ematico effettuato dai sanitari, su richiesta della polizia giudiziaria, ai fini della verifica del tasso alcolemico, sia utilizzabile anche in assenza di un consenso verbalmente espresso dall’interessato, purché quest’ultimo non abbia opposto un esplicito rifiuto (Cass., Sez. 4, n. 6755 del 6-11-2012, Rv. 254931; Cass., Sez. 4, n. 6786 del 23-1-2014). Ipotesi quest’ultima integrante estremi di reato e certamente esulante dal caso in disamina, atteso che risulta del tutto estranea alla regiudicanda la contravvenzione di cui all’art. 187, comma 7, cod. strada.
  4. Dalle considerazioni appena formulate si evince anche la manifesta infondatezza dell’assunto secondo il quale il consenso al prelievo ematico debba necessariamente essere richiesto all’interessato dalla polizia giudiziaria e non possa essere richiesto dal medico, che è il soggetto incaricato di effettuare il prelievo. Abbiamo infatti appena visto come nessun consenso debba essere richiesto né dalla polizia giudiziaria né dal medico, il quale può senz’altro procedere al prelievo, a meno che non si trovi di fronte a un rifiuto da parte dell’interessato. Né è dato comprendere sotto quale profilo la mancanza di un verbale redatto dalla polizia giudiziaria possa inficiare la validità dell’atto, atteso che l’effettuazione del prelievo è dimostrata dalla relativa certificazione sanitaria, al pari delle risultanze delle conseguenti analisi. Così come l’eventuale rifiuto risulterà dalla relativa attestazione del sanitario operante, che è un pubblico ufficiale, titolare di poteri certificativi, ex art. 357 cod. pen.5. La manifesta infondatezza del ricorso ne determina l’inammissibilità, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila, determinata secondo equità, in favore della Cassa delle ammende.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 25-10-2017.

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