Cassazione: è mobbing assegnare l’istruttore di Polizia Locale a pratiche cimiteriali
Il comune aveva in principio ricollocato l’Istruttore di Polizia Locale negli uffici amministrativi senza però dargli ufficio, scrivania, neanche la sedia dove sedersi demansionandolo al punto tale che, per un lungo periodo l’uomo è stato assolutamente inattivo e senza compiti.
Successivamente il vigile veniva assegnato a non ben specificate pratiche cimiteriali collocandolo in una stanza adiacente alla camera mortuaria, priva di tutto finanche dei requisiti igienici.
Il luogo era per altro distante dai locali ove gli altri colleghi svolgevano l’attività propria della Polizia Locale ma non solo, essi comprendevano bene che era un monito anche per loro.
Tutto ciò deriva dal fatto che il vigile aveva osato non accettare passivamente determinazioni dirigenziali che egli non riteneva giuste percorrendo prima la strada extragiudiziale quindi quella giudiziale.
Sentiti i testimoni, nonchè acquisite da parte del giudice ordinario anche le reticenze dovute dalla paura di alcuni testimoni colleghi del vigile, aveva condannato il Comune per mobbing nei riguardi dell’Istruttore di PL.
Il Comune tentava successivamente il ricorso in Cassazione richiedendo una revisione su come aveva espresso, il giudizio il giudice di merito e sul valore probatorio che egli ha inteso dare a ciascuna prova.
La Cassazione quindi confermava quanto stabilito dal giudice ribadendo che vi erano numerosi elementi atti a configurare, nel loro concorso, mobbing lavorativo.
Di seguito la sentenza
Corte Cassazione n. 2142 del 27 gennaio 2017
cimiteriali