L’assicurazione del veicolo copre anche i danni non direttamente riconducibili alla fase dinamica Cass Civile n. 21097 del 19.10.16

Sulla base dell’articolo 2054 del Codice civile, che prevede che “Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno” l’assicurazione del veicolo deve coprire tutti i danni da questi arrecati anche se non direttamente connessi alla fase dinamica della circolazione.

Cassazione Civile Sezione III 19 ottobre 2016 n. 21097
Presidente: SCARANO LUIGI ALESSANDRO
Relatore: DELL’UTRI MARCO
SENTENZA

sul ricorso 3198-2014 proposto da: X, in persona dei procuratori dr. X e dr. X, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 88, presso lo studio dell’avvocato X, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso; – ricorrente-
contro
X, elettivamente domiciliati in ROMA, X, presso lo studio dell’avvocato X, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato X giusta procura speciale a margine del controricorso;
X, elettivamente domiciliato in ROMA, X, presso lo studio dell’avvocato X, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato X giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 320/2013 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 26/11/2013; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/07/2016 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI; udito l’Avvocato X per delega; udito l’Avvocato X per delega; udito l’Avvocato X; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ANNA MARIA SOLDI che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
R e R hanno convenuto M dinanzi al Tribunale di Trento per sentirlo condannare al risarcimento dei danni sofferti in conseguenza del decesso di AM, rispettivamente moglie e madre degli attori. La donna, il giorno 12 novembre 2007, mentre era ferma a conversare con il convenuto lungo la strada provinciale che attraversa la frazione Carnalez del Comune di Brez, era stata colpita
da un cavetto d’acciaio (in precedenza teso dal Mi tra due trattori trasversalmente alla strada) tranciato da una vettura di passaggio, così rovinando al suolo e perdendo la vita a seguito del trauma cranico e delle lesioni subite. Il convenuto, pur contestando la riconducibilità del fatto lesivo al proprio comportamento, ha invocato la chiamata in giudizio della compagnia assicuratrice X s.p.a. al fine di sentirsi manlevare dalle conseguenze del fatto, in forza della polizza assicurativa stipulata con la stessa. Costituitasi in giudizio, la X s.p.a. ha resistito alla pretesa del M, sostenendo l’inoperatività della polizza in ragione dell’estraneità del fatto dannoso all’ambito della circolazione stradale per cui soltanto aveva prestato la propria garanzia assicurativa. 2. Con sentenza resa in data 19/6/2012, il Tribunale di Trento ha condannato il M al risarcimento dei danni in favore degli attori, contestualmente disattendendo la domanda di manleva avanzata dal convenuto nei confronti della Allianz s.p.a.. 3. Su appello del M, la Corte d’appello di Trento, con decisione in data 26/11/2013, pur confermando la responsabilità dell’appellante per il fatto dannoso dedotto in giudizio, in accoglimento della domanda di manleva di quest’ultimo e in riforma della sentenza di primo grado, ha condannato la X s.p.a. a tenere indenne il M dalle conseguenze risarcitorie riferite al sinistro oggetto di causa. 4. Avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso per cassazione (sostenuto da successiva memoria) la X s.p.a., sulla base di due motivi di impugnazione. Hanno depositato controricorso M (illustrato da successiva memoria) e R e R, tutti concludendo per la conferma della sentenza d’appello.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti. Sul punto, la società ricorrente sottolinea di aver costantemente sottoposto ai giudici del merito la circostanza di fatto consistita nell’utilizzazione del proprio trattore, da parte del M, unicamente quale punto di appoggio fisso indispensabile per compiere le operazioni di distensione e successivo riavvolgimento del cavo metallico già utilizzato per tirare la legna nel bosco, in conformità con quanto emerso a seguito della deposizione resa dal teste X. La Corte d’appello, al contrario, trascurando tale circostanza di fatto, ha erroneamente ritenuto che la distensione del cavo metallico fosse ricollegata ad operazioni di traino,
così giungendo alla conclusione, priva di alcuna connessione con i fatti di causa, che la condotta dal M comunque coinvolgesse il trattore nel quadro di un contesto riconducibile alla circolazione stradale. 7. Con il secondo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c. e degli artt. i e 18 della legge n. 990/69 (ora artt. 122 ss. del d.lgs. n. 209/2005), nonché degli artt. 3 e 58 c.d.s.. Al riguardo, la società assicuratrice deduce la palese erroneità in cui sarebbe incorsa la corte territoriale nel ricollegare il fatto oggetto di causa all’ambito della circolazione stradale, e dunque alle previsioni di cui all’art. 2054 c.c., del tutto estranea alla fattispecie concreta dedotta in giudizio, avendo il M nella specie destinato il proprio trattore a una forma di impiego totalmente svincolata, sul piano funzionale, dalla natura del veicolo, limitandosi ad avvalersene quale semplice ‘massa statica’ di appoggio per la distensione di un cavo metallico, con la conseguente erronea riconduzione del sinistro all’ambito di operatività della garanzia assicurativa convenuta tra le parti. 8. I due motivi d’impugnazione, ponendo questioni tra loro intimamente connesse, possono essere congiuntamente trattati, attenendo entrambi — sia pure da prospettive diverse – al tema relativo alla riconducibilità del fatto oggetto d’esame all’ambito della circolazione stradale e, conseguentemente, al quadro di operatività della garanzia assicurativa convenuta tra il M e la X s.p.a.. Osserva in primo luogo il collegio come la corte territoriale abbia ricostruito la dinamica del fatto oggetto di causa in conformità all’indiscussa circostanza emersa attraverso la corrispondente descrizione, operata dal M e dalla X S.p.A., dell’operazione effettuata dal M ai fini della distensione del cavo in modo trasversale rispetto alla direttrice della via pubblica: entrambe le parti, infatti, hanno sottolineato l’occorrenza dell’iniziale assicurazione di un’estremità del cavo d’acciaio (già in parte arrotolato sul verricello del trattore Fiat del M, posto sulla strada) alla benna del trattore Hurlimann ricoverato nella cantina dell’abitazione dello stesso M, precisando inoltre che, successivamente, alla guida del trattore Fiat, il M aveva provveduto ad attraversare la strada provinciale, così srotolando il cavo d’acciaio sulla via, per poi fermarsi su uno spiazzo antistante al fine di conversare con la vittima (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata). Di seguito, la corte territoriale ha rilevato come la vicenda così ricostruita evidenziasse con chiarezza la sua stretta connessione con la circolazione stradale del trattore Fiat, dovendo ritenersi estesa, la relativa abilitazione, al compimento di tutte le operazioni proprie del veicolo, compreso l’uso del verricello e
del cavo su di esso predisposto. E ciò, indipendentemente dall’uso contingente di tali accessori; ossia indipendentemente dall’utilizzazione del cavo per la finalità del traino, o dell’uso del verricello per il compimento di una semplice operazione di arrotolamento del cavo, poiché proprio la movimentazione lungo la strada pubblica del trattore, e il conseguente contestuale srotolamento del cavo a esso vincolato, furono la causa immediata e diretta del sinistro (cfr. pag. 14 della sentenza impugnata). Appare dunque d’immediata evidenza l’infondatezza del primo motivo di ricorso avanzato dalla società ricorrente, avendo la corte territoriale fondato la propria decisione, non già sulla circostanza di fatto costituita dall’eventuale uso del verricello e del cavo a scopo di traino (come erroneamente dedotto in ricorso mediante l’inammissibile denuncia di un evidente vizio revocatorio: su cui v. Sez. 3, Sentenza n. 4893 del 14/03/2016, Rv. 639444), bensì sul diverso presupposto della sostanziale irrilevanza dell’uso di detti accessori (a fini di traino ovvero per l’avvolgimento del cavo), una volta attestato che la distensione e la pericolosa collocazione del cavo sulla sede stradale era avvenuta nel corso e a seguito di un’operazione comunque connessa alla circolazione del trattore (con i suoi meccanismi operativi accessori) sulla via pubblica. Proprio a tale riguardo — così pervenendo all’esame e all’accertamento della sostanziale infondatezza del secondo motivo del ricorso della X s.p.a. – del tutto correttamente la corte territoriale ha sottolineato come, nell’ampio concetto di circolazione stradale indicato dall’art. 2054 c.c., debba ritenersi compreso qualsiasi atto di movimentazione del veicolo o delle sue parti, con la conseguenza che, quando tali atti avvengano sulla pubblica via, essi danno luogo all’applicabilità della legge n. 990/1969 (ora del d.lgs. n. 122/2005), con la conseguente operatività della garanzia assicurativa prestata per la responsabilità civile derivante dalla circolazione stradale. A tale principio non fa eccezione il compimento di attività pericolose (come quella avente a oggetto la collocazione di un cavo d’acciaio trasversalmente alla sede stradale) attuate mediante l’immissione di un veicolo nella circolazione sulla via pubblica; e ciò anche qualora, come nel caso di specie, il responsabile abbia determinato una situazione di pericolo per la circolazione stradale attraverso un’utilizzazione solo marginale o accessoria delle proprietà dinamiche del veicolo (come quella di distendere ed eventualmente riavvolgere un cavo acciaio sul verricello del medesimo veicolo), trattandosi in ogni caso di attività che appaiono legate, sia pure in via indiretta o mediata, al compimento di atti di movimentazione di
veicoli o di sue parti compiuti nel quadro della circolazione stradale. Sul punto, è appena il caso di richiamare l’insegnamento che risale orientamenti delle Sezioni Unite di questa Corte di cassazione, ai sensi del quale, sotto l’aspetto operativo/funzionale, qualsiasi atto di movimentazione di un veicolo o di sue parti deve ritenersi posto in essere in funzione del suo avvio nel flusso della circolazione, con la conseguenza che, quando avvengano sulla pubblica via, danno luogo all’applicabilità della normativa sull’assicurazione per la R.C.A. (cfr. Cass. 22 maggio 2008, n. 13239 in motivazione). Anche in tali situazioni, infatti, il veicolo si trova in una situazione riconducibile al concetto di circolazione e il conducente deve essere costantemente in grado di intervenire per evitare danni o pericolo di danni, oppure deve porre in essere accorgimenti tali da escludere, nei limiti del prevedibile, la possibilità che tali eventi si verifichino. La pericolosità di un veicolo, infatti, non si relaziona solo con gli eventi tipici della circolazione (marcia, sosta, partenza, ecc.), ma è correlato all’insieme delle specificità che lo caratterizzano e che, nella loro globalità – comprensiva, cioè, anche di speciali operazioni che ne caratterizzano la funzione – interferiscono con la presenza di cose e pedoni, allorché vengano poste in essere nelle aree destinate alla circolazione. Orbene, la norma della legge n. 990 del 1969, alt. i, (al pari del D.Lgs. n. 209 del 2005, alt. 122), nell’individuare l’oggetto dell’assicurazione per la R.C.A., si esprime nel senso di correlare l’obbligo assicurativo all’essere stato il veicolo posto in circolazione su strade di uso pubblico o su aree a questa equiparate, ma non prevede come presupposto per l’obbligo assicurativo e, quindi, per l’operare della relativa garanzia, che il veicolo sia utilizzato in un certo modo piuttosto che in un altro. Valga, altresì, considerare che l’art. 2054 c.c., pur costituendo la trasposizione di una norma del c.d.s. del 1933, non fa specifico riferimento alle norme sulla circolazione stradale, ma impone uno standard comportamentale che è suscettibile di essere riferito a qualsiasi utilitas traibile dal veicolo in conformità alle sue caratteristiche strutturali e funzionali. Il che non vuol dire ancorare l’operatività della garanzia assicurativa alla mera occasione dell’allocazione del veicolo sulla strada pubblica o su area a essa parificata; quanto piuttosto valorizzare proprio quell’interazione tra veicolo e circolazione che è il fondamento della particolare ipotesi di responsabilità ‘da attività pericolosa’ che è quella di cui all’art. 2054 c.c.. E poiché il ‘veicolo’ dev’essere considerato, in tutte le sue componenti e con tutte le caratteristiche, strutturali e funzionali, che, sia sotto il profilo logico che
sotto quello di eventuali previsioni normative, ne consentono l’individuazione come tale ai sensi del c.d.s., ‘l’uso’ che di esso si compia su aree destinate alla circolazione – sempreché sia quello che secondo le sue caratteristiche il veicolo può avere – costituisce ‘circolazione del veicolo’ stesso ai sensi dell’art. 2054 c.c.. Ne consegue che la copertura assicurativa deve riguardare tutte le attività cui il veicolo è destinato e per cui lo stesso circola su strada di uso pubblico o su area equiparata (cfr. Sez. U, Sentenza n. 8620 del 29/04/2015, Rv. 635401). 9. Le argomentazioni che precedono, nel confermare la correttezza sul piano giuridico e la coerenza in termini logico-formali della motivazione dettata la corte territoriale, impongono la pronuncia del rigetto del ricorso e la conseguente condanna della società ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità il favore del X, nella misura di cui al dispositivo. Sussistono, viceversa, giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio tra la società ricorrente e R e R, avuto riguardo alla sostanziale estraneità della corrispondente posizione processuale in relazione ai temi di discussione introdotti con il ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore di X liquidate nell’importo di e 10.200,00, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge. Compensa le spese del giudizio tra la X s.p.a., X e X. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R, n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione.

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