Insulta i vigili: sette mesi di carcere e risarcimento danni

PESCARA. A chi non è successo di protestare con i vigili urbani di fronte al rischio di una multa? Succede ogni giorno, e gli agenti della polizia municipale ci hanno fatto anche il callo.

Il problema è quando si esagera e si perdono le staffe, magari perché la multa è salatissima e si fa fatica ad accettarla. Com’è successo a un’automobilista pescarese: per le sue proteste, degenerate in insulti e minacce di morte nei confronti dei vigili urbani, è scattata la denuncia. E per quella denuncia di tre anni fa, l’altro ieri è stata condannata: sette mesi di reclusione (pena sospesa), il pagamento delle spese legali e il risarcimento di 800 euro a testa ai due vigili che quel giorno della multa componevano la pattuglia che l’ha fermata per un controllo. I fatti risalgono ad agosto 2013. Una pattuglia della polizia municipale di Pescara sta facendo controlli sulle strade, e tra gli automobilisti fermati c’è anche lei, una cinquantenne che sta andando al lavoro.

Le chiedono i documenti, lei glieli dà, ma si scopre che l’assicurazione della macchina sulla quale viaggia è scaduta. E si scatena il dramma. Perché di fronte all’ipotesi sempre più concreta di dover pagare una sanzione che in questo caso, secondo il codice della strada, va dagli 841 ai 3.287 euro con sequestro del veicolo, la donna non ci ha visto più. E ha iniziato a inveire contro gli agenti. Un fiume in piena che i vigili non sono riusciti ad arginare in alcun modo considerando l’escalation degli insulti (“carogne”, “raccomandati” e via di questo passo) sfociati anche in minacce di morte. E alla fine l’hanno denunciata.

I reati contestati sono oltraggio e minacce a pubblico ufficiale. Reati depenalizzati da tempo, per cui non si procede più di ufficio ma occorre la querela della parte offesa che, in questo caso, c’è stata. I due vigili urbani si sono rivolti all’avvocato Lorella Cipollone. E venerdì, dopo tre anni di processo, è arrivata la sentenza. Il giudice di pace del tribunale di Pescara ha riconosciuto la colpevolezza della donna che aggredì verbalmente i due pubblici ufficiali durante lo svolgimento del loro servizio, condannandola a sette mesi di reclusione (pena sospesa) e al risarcimento danni in favore dei due vigili. «È una sentenza importante», commenta l’avvocato Cipollone, «che deve portare all’osservanza della legge e delle regole e al rispetto dell’onore e del prestigio di un pubblico ufficiale che agisce mentre compie un atto d’ufficio nell’esercizio delle sue funzioni, come persona fisica e come organo della pubblica amministrazione».

Un reato che scatta se le parole o frasi volgari abbiano una valenza obiettivamente denigratoria di colui il quale esercita la pubblica funzione. Al contrario, il reato non scatta se la frase costituisce espressione di semplice critica, anche accesa, o di villania.

da il Centro Pescara

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