Studi americani: “Facebook spia le telefonate!”

“Facebook spia le nostre telefonate”: l’allarme di una professoressa della University of South Florida, esperta di mass media

Facebook potrebbe spiare le nostre telefonate. A lanciare l’allarme è una professoressa della University of South Florida, Kelli Burns, specializzata in mass media, secondo la quale l’app del social network, installata sugli smartphone, avrebbe permesso alla società di ascoltare le conversazioni e di “rubare” dati per perfezionare la pubblicità. Un portavoce dell’azienda ha spiegato, invece, che lo strumento microfono, disponibile solo in USA, viene utilizzato per facilitare l’utente e mai per altri scopi.

Ecco cosa si legge nella sezione centro assistenza alla domanda “Facebook registra le conversazioni quando individua i contenuti che sto ascoltando o guardando?”: “No, non registriamo le tue conversazioni. Quando scrivi un aggiornamento di stato, usiamo il tuo microfono solo per individuare i contenuti che stai ascoltando o guardando in base alla musica e ai programmi TV che siamo in grado di identificare. Nota: al momento, questa funzione è disponibile solo negli Stati Uniti”.

La Burns però non è del tutto convinta della spiegazione di Facebook. Dopo la diffusione della notizia sull’avvertimento della polizia belga di non usare “Reactions” (perché “il social monitorerebbe il vostro umore per migliorare la sua offerta”), avrebbe deciso di dire la sua opinione a proposito dello strumento microfono. Quest’ultimo servirebbe non soltanto per aiutare gli utenti ma anche per dare una mano alla pubblicità, che in questo modo sarebbe disegnata su misura sugli interessi dei singoli utenti. Dice di averlo provato lei stessa: testando lo strumento, ammette di aver discusso al telefono di determinati argomenti e di essersi poi ritrovata pubblicità degli stessi sul social.

“Siamo in grado di offrire la giusta pubblicità basandoci sugli interessi degli utenti e su altre informazioni che recepiamo, senza aver la necessità di ricorrere all’audio”, ha spiegato un portavoce. Il microfono, infatti, non sarebbe in una modalità di ascolto continuato e non registrerebbe affatto le chiamate. Lo strumento, introdotto nel 2014, rappresenterebbe solo un modo facile di identificare cosa stiamo ascoltando o guardando in un determinato momento, per postare poi altrettanto facilmente contenuti al riguardo. Sarebbe, dunque, nato per catturare i rumori e i suoni intorno a noi e per riconoscerli, esattamente come fa già, ad esempio, l’applicazione Shazam, in grado di dare un titolo alle canzoni che ascoltiamo. Spegnerlo poi sarebbe altrettanto semplice: un’ulteriore garanzia per la privacy per chi crede alla teoria della Burns.

da huffingtonpost.it

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