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PRIME PRONUNCE GIURISPRUDENZIALI  CIRCA L’INQUINAMENTO CAUSATO DALLE BATTERIE/ACCUMULATORI
– conferma verbale di oltre 6 milioni di euro -

Dlgs. 20 novembre 2008 n 188 “Attuazione della direttiva 2006/66/CE concernente pile, accumulatori e relativi rifiuti”: Due decisioni del Tribunale Ordinario di Cagliari

di Rosa Bertuzzi e Nicola Carboni ( Funzionari Polizia Provinciale di Piacenza e di Cagliari )

batterie esauste

Nei mesi di Luglio ed Ottobre 2013 il Tribunale ordinario di Cagliari ha emesso due significative decisioni sulla corretta applicazione del provvedimento legislativo in argomento. Si tratta di uno dei primi interventi della giurisprudenza nella specifica materia.

I fatti in sintesi:

- L'Agenzia delle Dogane Servizio antifrode sottoponeva ad ispezione un carico di merci proveniente da una fabbrica con sede nella Repubblica Cinese, destinato ad un rivenditore all'ingrosso di con sede a Cagliari. Tra le diverse merci sottoposte a controllo, sono stati ispezionati  90 colli di batterie, stilo, torcioni, ministilo per un totale di  60.480 batterie.
- A seguito dell'ispezione l'organo accertatore ha contestato due diverse condotte illecite, precisamente:
1) Il mittente fabbricante delle batterie ed il destinatario commerciante all'ingrosso non risultavano iscritti al "Registro nazionale dei soggetti tenuti al finanziamento dei sistemi di gestione rifiuti di pile ed accumulatori", ai sensi del secondo comma dell'art. 14  del Dlgs. 188/2008. Per tale motivo è stato contestato al destinatario l'illecito amministrativo di cui al secondo comma dell'art. 25 dello stesso Decreto legislativo. La sanzione amministrativa pecuniaria prevista dalla norma va da un minimo edittale di € 30.000 ad un massimo di € 100.000.
2) Nelle singole batterie non risultava apposto il contrassegno relativo alle modalità del loro corretto smaltimento, così come richiesto dal primo comma dell'art. 23 del Dlgs. 188/2008. Per tale motivo è stato contestato al destinatario l'illecito amministrativo di cui al primo comma dell'art. 25 dello stesso Decreto legislativo. La sanzione amministrativa pecuniaria prevista dalla norma va da un minimo edittale di € 50 ad un massimo di € 1000 per ciascuna pila o accumulatore immesso sul mercato. Nel caso specifico l'importo della sanzione nel suo minimo edittale era pari a € 3.024.000,00.
- Tutti gli atti sono stati inoltrati alla Provincia di Cagliari Ufficio Sanzioni del Corpo di Polizia provinciale. Le Province, nella specifica materia, sono competenti all'irrogazione delle sanzioni amministrative, a mente di quanto disposto dal comma 8 dell'art. 25 del Dlgs. 188/2006
- Dopo la presentazione degli scritti difensivi da parte del trasgressore, la Provincia, con due distinte Ordinanze di ingiunzione, ha rigettato le eccezioni proposte negli scritti difensivi e quindi irrogato le sanzioni amministrative pecuniarie applicando  una sanzione amministrativa pecuniaria di € 30.000 per la violazione dell'art. 25  secondo comma ed € 6.048.000,00 per la violazione del primo comma dell'art. 25.  Inoltre ha confermato il sequestro delle merci e disposto la loro confisca, ai sensi dell'art. 20 della Lg. 689/1981.
- Avverso le ordinanze di ingiunzione sono stati presentati due distinti ricorsi in opposizione al Tribunale Ordinario di Cagliari, attribuiti per il loro esame a due diversi Giudici Istruttori. Entrambe le cause sono state decise con rigetto del ricorso.

La prima sentenza è la n° 2020/2013 ed è stata emessa nel luglio 2013 con la lettura del dispositivo in udienza e depositata il 02.12.2013, si riferisce  alla immissione sul mercato di batterie da parte di un soggetto privo dell'iscrizione al registro nazionale di cui all'art. 14, mentre la seconda la n° 2971/2013 del 16.10.2013, si riferisce alla  mancata apposizione su ogni singola batteria dei contrassegni riferiti al loro corretto smaltimento.
La particolarità delle sentenze in commento è data dalla analisi della portata applicativa del Dlgs. 188/2008 nell'ipotesi in cui le batterie siano state prodotte da un soggetto non residente in uno dei paesi della comunità europea, non abbia un rappresentante legale nella comunità europea e tali beni siano acquistati e quindi immessi sul mercato da un terzo soggetto che svolge la sua attività in uno dei paesi della comunità. Poichè le fattispecie sanzionatorie del Dlgs. 188/2008 fanno riferimento al «produttore dei beni» e alla loro «immissione sul mercato», in buona sostanza si discute nel caso di specie sul momento in cui si realizza la condotta di immissione sul mercato  e sul soggetto a cui è attribuibile la qualità giuridica  di produttore.
Le decisioni del Tribunale di Cagliari trattano esaustivamente le diverse eccezioni sottoposte al suo esame dal ricorrente. Ancorchè riferite a fattispecie illecite distinte, alcune questioni analizzate dai due diversi giudici sono comuni in entrambi i ricorsi in opposizione, così come analoghe sono le conclusioni a cui i giudici sono pervenuti.

Le questioni oggetto delle decisioni

(A) Il primo motivo di doglianza da parte dei ricorrenti, verte sul fatto che il Dlgs. 188/2008  prevede un solo caso di divieto di immissione sul mercato delle batterie, quello disposto dall'art. 3 rubricato appunto «Divieti di immissione sul mercato». Le fattispecie ricomprese nell'art. 3  sono riconducibili esclusivamente al contenuto di mercurio e cadmio presente nelle batterie, che non possono superare le percentuali ivi previste. Qualora le superino è vietata l'immissione sul mercato. Si è sostenuto, ulteriormente, che la mancata presenza dei marchi non poteva essere sufficiente a determinare il sequestro delle merci, in quanto lo stesso marchio poteva essere apposto sulle batterie successivamente dallo stesso acquirente – importatore,  prima della loro commercializzazione.

Il Tribunale ha disatteso tali argomentazioni, per diverse ragioni. La fattispecie sanzionatoria contestata si riferisce all'immissione sul mercato di pile prive dei necessari contrassegni. Questa fattispecie ha una sua rilevanza autonoma rispetto a quella di cui all'art. 3, relativa al contenuto delle batterie. Dallo stesso disposto dell'art. 23 primo comma, si evince come l'espresso divieto di immissione sul mercato sia riferibile anche all'ipotesi di batterie prive dei contrassegni obbligatori. Del resto, le pile sono state importate incontestabilmente al fine di destinarle immediatamente al consumo, come si deduce dalle dichiarazioni doganali di importazione formate dall'importatore. inoltre le stesse merci erano confezionate secondo le modalità in uso per la  destinazione al consumo. Ed ancora, l'importatore non poteva procedere, ancorchè successivamente alla loro importazione, all'apposizione del contrassegno, in quanto non risultava essere iscritto al registro nazionale tenuto presso il Ministero dell'Ambiente, di cui all'art. 14 del Dlgs. 188/2008. Nelle sentenze si evidenzia la specificità della disciplina  sulla commercializzazione delle batterie nel territorio comunitario che ha una doppia valenza,  garantire la qualità e la corretta etichettatura dei beni in commercio, e, contestualmente, imporre a coloro che immettono sul mercato comunitario per la prima volta tali beni gli specifici obblighi di tracciabilità dei prodotti, di finanziamento e organizzazione del sistema di gestione degli stessi al termine del loro ciclo di vita.

(B) Il secondo punto trattato dalle sentenze verte sulla corretta qualificazione giuridica di produttore. La norma sanzionatoria di cui all'art. 25 fa riferimento esclusivamente al produttore, quindi quest'ultimo è l'unico soggetto sanzionabile. La definizione giuridica di produttore è rinvenibile alla lett. n) dell'art. 2 che contiene le "definizioni". Il ricorrente sosteneva che la norma debba essere letta nel senso che per produttore debba intendersi  il solo fabbricante delle pile nonché colui che vende tali beni ad un soggetto della comunità. L'immissione sul mercato da parte del produttore, proprio in ragione del contenuto della definizione di cui ala lett. n) dell'art. 2, coincide con la condotta di vendita di tali beni sul mercato. Tant'è che la definizione espressamente stabilisce che è produttore chi immette sul mercato «a prescindere dalla tecnica di vendita comprese quelle di comunicazione a distanza di cui all'art. 50 del Dlgs. 206/2005».La società ricorrente, nella vicenda in argomento, ha assunto il ruolo di mero acquirente, mentre il fabbricante quello di di produttore – fornitore – venditore. La norma non può essere interpretata diversamente, in quanto non è possibile estendere anche all'acquirente  la colpa della non conformità delle merci propria del fabbricante venditore. Nel Dlgs. 188/2008 non è prevista alcuna sanzione per l'acquirente delle merci.

Il Tribunale ha disatteso in entrambe le decisioni questa interpretazione. In particolare la sentenza n° 2971/2013 basandosi su una disamina articolata della Direttiva 2006/66/CE e della sua norma nazionale di recepimento, ha sostenuto che l'accoglimento della tesi del ricorrente avrebbe determinato effetti distorsivi del mercato, in netto contrasto con le finalità della norma comunitaria e di quella nazionale. Sul presupposto che le norme comunitarie trovano applicazione solo nei confronti dei soggetti appartenenti alla Comunità, non si poteva sostenere che una Ditta della Repubblica Cinese fosse soggetta al loro rispetto, salvo non commercializzasse essa stessa i suoi prodotti con un suo rappresentante legale in uno dei paesi della Comunità. L'interpretazione del ricorrente, qualora accolta, porterebbe alla disapplicazione delle disposizioni del Dlgs. 188/2008. Qualunque soggetto sottoposto alla disciplina comunitaria potrebbe  acquistare batterie da paesi non comunitari al fine non soggiacere alle disposizioni delle norme in argomento. I fabbricanti di batterie non comunitari non sono soggetti all'iscrizione all'apposito registro, non contribuiscono al finanziamento dei sistemi di raccolta, non sono soggetti all'obbligo della comunicazione del numero di batterie poste in commercio e non sono sottoposti all'obbligo della corretta etichettatura. Non solo, si disattenderebbero le norme a tutela dell'ambiente previste nelle disposizioni in argomento, ma si fornirebbe un ingiusto vantaggio rispetto ai fabbricanti comunitari.  Con tutta evidenza degli effetti distorsivi sul mercato.
In realtà la norma definisce il produttore esclusivamente come il soggetto che  immette sul mercato comunitario per la prima volta il prodotto. La condotta che qualifica il produttore è quella della immissione sul mercato a titolo professionale delle batterie, ancorché tale immissione si realizzi attraverso la vendita, compresa quella a distanza, o attraverso l'incorporazione delle batterie in apparecchi o veicoli. L'inciso della norma non è diretta a far coincidere esclusivamente l'immissione sul mercato con la vendita, come erroneamente sostenuto dalla ricorrente. Ciò è tanto vero che il legislatore, sempre all'art. 2, ma alla  lett. p) prevede la specifica definizione di «immissione sul mercato». Se il produttore coincidesse sempre ed esclusivamente con il venditore, non si avrebbe bisogno di un'autonoma e distinta definizione di immissione sul mercato, bastando quella di cui alla lett. n) che tutte le forme di vendita ricomprende.
La condotta di immissione sul mercato di cui alla lett. p)  può realizzarsi con la fornitura, o la messa a disposizione, a titolo oneroso o gratuito in favore di terzi nel territorio della Comunità, compresa  l'importazione sul territorio doganale della Comunità.
A tal proposito nella sentenza 2020/2013  testualmente si legge che « il disposto dell'art. 2 lett p)  costituisce, in sostanza,  una norma di chiusura volta a dare disciplina alle situazioni nelle quali l'immissione nel territorio comunitario avvenga – come nel caso di specie – attraverso l'importazione dei beni da un paese non comunitario e quindi non soggetto alla disciplina del Dlgs. 188/208»
Del resto anche all'art. 3 lett d) del Codice del Consumo, nella specifica definizione di produttore, è ricompresa la figura dell'importatore del bene o del servizio nel territorio della Comunità.

(C) Le restanti argomentazioni svolte dal Tribunale, si soffermano sulla distinzione tra importazione definitiva e immissione in libera pratica. Il ricorrente ha sostenuto  che non avendo l'Ufficio delle Dogane svincolato le merci in libera pratica queste non potevano considerarsi giuridicamente importate. Quindi non essendo state importate cadeva la condotta di immissione sul mercato.  Viceversa nelle due sentenze si sostiene che i due istituti siano da considerarsi distinti ed autonomi. L'importazione definitiva avviene nel momento in cui l'importatore emette la specifica dichiarazione di importazione definitiva, come previsto dall'art. 133 del Testo unico delle Leggi Doganali. La responsabilità dell'importatore, per le merci a lui destinate, nasce quando l'importatore ha emesso la dichiarazione di importazione definitiva, vincolando il bene alla specifica destinazione dichiarata. Nel caso di specie la bolletta doganale, formata dall'importatore, dichiarava le merci  per la specifica destinazione al consumo. Un diverso ragionamento avrebbe quale risultato quello di non poter garantire l'espletamento dei controlli da parte delle autorità competenti Del resto non si vede in quale altro momento l'Ufficio delle dogane può correttamente sottoporre a controllo le merci, se non quando queste sono dichiarate per la importazione definitiva. Altrimenti si dovrebbe sostenere che le merci prima del controllo debbano essere prima svincolate in libera pratica per poi, una volta oltrepassato il cancello della Dogana,  essere sottoposte a  per il controllo. In particolare questo aspetto è approfondito nella sentenza n 2020/2013, nella quale si analizza l'aspetto dell'applicabilità al caso di specie dell'istituto doganale del respingimento all'estero di cui all'art. 135 del DPR 43/1973. In base a tale istituto, l'autorità doganale ha la possibilità di procedere al respingimento delle merci per le quali non è ammesso l'ingresso nei confini dello Stato disponendone il rinvio al mittente.  Le ipotesi in cui ciò è ammissibile sono espressamente indicate dalla norma e quindi sono da considerarsi  tassative e non sono soggette ad applicazione discrezionale dell'autorità doganale. Tra tali fattispecie di stretta interpretazione, non rientra quella di merci che non rispettino le norme in materia di etichettatura e caratteristiche merceologiche di cui al Dlgs. 188/2008. Pertanto anche in virtù di tale assunto è stata ritenuto legittimo il sequestro delle merci e la conseguente confisca operata dalla Polizia Provinciale della Provincia di Cagliari.


 
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