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Corte di Cassazione Civile sez.III 3/3/2009 n. 5057; Pres. Petti G.B.


Assicurazioni - Incidente stradale - Concorso di colpa - Interrogatorio - Valore delle dichiarazioni

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
N.L. ha proposto ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte di Appello di Catanzaro 30 giugno-15 luglio 2003 che ha dichiarato il pari concorso di colpa di M. D. e dello stesso N. nella causazione dell'incidente stradale del (omissis), determinando nella minor somma di Euro 3.744,31 il risarcimento per i danni subiti dal N., tenuto conto del concorso di colpa.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione il N. con quattro motivi di ricorso.

Resiste con controricorso la FIRS Italiana di assicurazioni spa in liquidazione coatta amministrativa.

Il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso, ai sensi dell'art. 375 c.p.c., per il rigetto del ricorso.



MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia assoluta carenza di interesse ad appellare della FIRS Italiana assicurazioni in liquidazione coatta amministrativa, non avendo la stessa pagato alcunchè in ordine alla sentenza del Tribunale di Lametia Terme.

Unica legittimata a proporre appello, ad avviso del ricorrente, sarebbe stata la società Assitalia, assicurazioni di Italia, poichè era stata questa ultima società a provvedere al pagamento di sorte capitale, interessi e spese.

Il motivo è manifestamente infondato.

Sul punto si è già pronunciata questa Corte osservando che: "In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, la legittimazione passiva rispetto all'azione risarcitoria del danneggiato spetta, nell'ipotesi di sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa dell'originaria impresa assicuratrice, all'impresa designata per la liquidazione dei sinistri per conto del Fondo di garanzia, secondo la disciplina della L. n. 990 del 1969, art. 19 e segg., mentre il Commissario liquidatore riveste la qualità di litisconsorte necessario.

Tuttavia, in dipendenza della circostanza che la condanna emanata contro l'impresa designata produce effetti anche nei confronti del Commissario liquidatore poichè' la sentenza pronunciata nei riguardi della prima spiega valore di accertamento del credito nei rapporti fra la stessa e la liquidazione coatta amministrativa, deve ritenersi che sussiste la legittimazione e l'interesse del Commissario liquidatore a proporre eventuali impugnazioni, ivi compreso il ricorso per cassazione".(Cass. n. 27448 del 2005).

Dopo il pagamento del risarcimento, tuttavia, la impresa designata ha diritto, in via di surroga, di inserire il relativo credito nella liquidazione coatta amministrativa della impresa obbligata - in origine - al pagamento e di ottenere, altresì, il rimborso dal Fondo di garanzia per il residuo non recuperato, dopo aver insinuato al passivo della procedura concorsuale la somma effettivamente versata al danneggiato (in caso di pagamento effettuato in ottemperanza a titolo giudiziale).

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2054 cod. civ., censurando la decisione dei giudici di appello che aveva ritenuto il pari concorso di colpa dei due conducenti.

Il M. aveva ammesso la propria responsabilità, avendo dichiarato alla propria assicurazione di avere investito, in fase di sorpasso, il N. che si trovava sulla stessa strada alla guida del proprio ciclomotore.

Un teste aveva confermato che il M. aveva ammesso senza esitazioni la propria responsabilità nella produzione dell'incidente.

Doveva, pertanto, escludersi che il N. avesse in qualsiasi modo contribuito a determinare la collisione, non essendovi alcun motivo per affermare che lo stesso avesse potuto spostarsi sulla sua sinistra.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 1226 cod. civ., in relazione al danno patrimoniale richiesto dall'attore. I giudici di appello avrebbero dovuto applicare il criterio del triplo della pensione sociale, tenuto conto che il N., commerciante, produceva un reddito che era stato certamente depauperato dall'incidente occorsogli.


Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2735 e 2733 cod. civ., censurando la decisione dei giudici di appello che non aveva tenuto conto della confessione del M. e delle dichiarazioni rese dal teste G..

La prima parte del secondo motivo ed il quarto motivo, da esaminare congiuntamente, in quanto connessi tra di loro, non sono fondati.

Attraverso essi il ricorrente tende ad una nuova valutazione delle risultanze probatorie, inammissibile in questa sede.

Con motivazione adeguata, che sfugge a qualsiasi censura, i giudici di appello hanno esaminato tutte le risultanze processuali, concludendo che doveva essere affermata la presunzione di eguale concorso di colpa dei due conducenti ai sensi dell'art. 2054 c.c., essendo irrilevante la mancata risposta del M. all'interrogatorio formale deferitogli, considerato che la legge consente di desumere solo elementi indiziari dalla mancata risposta della parte all'interrogatorio e che, nel caso di specie, le circostanze sulle quali l'interrogatorio avrebbe dovuto essere reso dal M. non erano affatto rilevanti, ai fini dell'accertamento delle modalità concrete del sinistro.

Del resto, non ha valore di confessione l'ammissione che un determinato evento dannoso sia ascrivibile a propria colpa, trattandosi semplicemente di un giudizio, a formare il quale concorrono ragioni di ordine giuridico, cfr. Cass. 16 marzo 1995 n. 3075 e 17 luglio 1990 n. 7302.

Quanto alla seconda parte del secondo motivo, con la quale si censura la decisione della Corte di appello che ha escluso la risarcibilità del danno morale, in considerazione dell'accertamento della responsabilità della controparte sulla base di una presunzione di legge, ex art. 2054 c.c., la censura è - invece fondata, alla luce del più recente orientamento di questa corte (Cass. 2007 n. 23918 e 2008 n. 16810), secondo il quale "in tema di risarcimento del danno, non osta alla risarcibilità del danno non patrimoniale, ai sensi dell'art. 2059 cod. civ. e art. 185 cod. pen., il mancato positivo accertamento della colpa dell'autore del danno, se essa, come nel caso di cui all'art. 2054 cod. civ., debba ritenersi sussistente, in base ad una presunzione di legge e se, ricorrendo la colpa, il fatto sia qualificabile come reato".

Nel caso di specie, il danno morale - già riconosciuto dal primo giudice sul presupposto che si trattava di illecito idoneo a configurare illecito penale - è stato quindi erroneamente escluso dal giudice di appello.

Infine, per quanto riguarda il terzo motivo, con il quale il ricorrente ha dedotto la violazione dell'art. 1226 cod. civ., sul rilievo che il giudice di appello bene avrebbe potuto liquidare il danno patrimoniale in vie equitativa, tenuto conto dell'attività di commerciante svolta dal ricorrente e della riduzione di reddito in conseguenza dell'incidente, lo stesso è inammissibile e comunque infondato, avendo la Corte Territoriale rigettato la domanda sia per assoluto difetto di prova in ordine alla perdita di capacità specifica di guadagno, sia perchè si trattava di "micropermanente" (inabilità permanente dell'8%) e che tale, secondo autonoma "ratio decidendi" non è stata neppure censurata dal ricorrente.

Donde un ulteriore profilo di inammissibilità della censura.

Conclusivamente deve essere accolto il ricorso limitatamente alla seconda parte del secondo motivo, con il rigetto del resto.

La sentenza deve essere cassata in relazione alla censura accolta, con rinvio ad altro giudice che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.



P.Q.M.

La Corte accoglie la seconda parte del secondo motivo di ricorso, che rigetta nel resto.

Cassa in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di Appello di Catanzaro, in diversa composizione.

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