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T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 21 Maggio 2009, n. 1186


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO



N. 01186/2009 REG.SEN.
N. 01525/2003 REG.RIC.




Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Lecce
Prima Sezione




ha pronunciato la presente


SENTENZA



Sul ricorso numero di registro generale 1525 del 2003, proposto da:
Imperiale Gianluca, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Gabellone, con domicilio eletto presso Giovanni Gabellone in Lecce, via Corte dei Lubelli, 1;

contro

Comune di Tuglie, rappresentato e difeso dall'avv. Ernesto Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso Ernesto Sticchi Damiani in Lecce, via 95 Rgt Fanteria, 9;
Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Interno - Roma, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio - Roma, Prefetto di Lecce, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliata per legge in Lecce, via F.Rubichi 23;

nei confronti di

Mormandi Giuseppe, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Mormandi, con domicilio eletto presso Tar Segreteria in Lecce, via F.Sco Rubichi 23;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

dell'ordinanza del Sindaco del Comune di Tuglie n.19 del 14.05.2003 con la quale veniva ordinata la chiusura del Gimami entro le ore 23,00. nonché di ogni altro atto comunque presupposto, connesso e/o consequenziale;

delle ordinanze del Sindaco del Comune di Tuglie n.30 del 30.06.2003 e n.38 del 30.07.2003 con le quali veniva ordinata la chiusura del bar Gimami entro le ore 23,00, nonché di ogni altro atto comunque presupposto, connesso e/o consequenziale;

dell'ordinanza del Sindaco del Comune di Tuglie 2/2005 del 21 gennaio 2005 successivamente notificata con la quale viene ordinato di osservare quale limite di orario di apertura le ore 6,30 e limite di chiusura le ore 23,00, nonché di ogni altro atto comunque presupposto, connesso e/o consequenziale;

dell'ordinanza del Sindaco di Tuglie n.4/2006 del 16 febbraio 2006, notificata in data 21.02.2006 con la quale viene ordinato al sig.Gianluca Imperiale di osservare quale orario di apertura il limiti di esercizio non antecedente alle ore 7,00 e quale orario di chiusura serale/notturna il limite delle ore 22,00, nonché di ogni altro atto comunque presupposto, connesso e/o consequenziale;

dell'ordinanza del Sindaco del Comune di Tuglie n.20/2006 del 18 maggio 2006, notificata in data 22.05.2006 con la quale viene ordinato al sig.Gianluca Imperiale di osservare quale di orario di apertura il limite di esercizio non antecedente alle ore 7,00 e quale orario di chiusura serale/notturna il limite delle ore 22,00, nonché di ogni altro atto comunque presupposto, connesso e/o consequenziale;

e per la condanna, previo accertamento del diritto, al risarcimento dei danni derivanti dall’esecuzione degli atti impugnati.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Tuglie;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Presidente del Consiglio dei Ministri;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno - Roma;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio - Roma;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Prefetto di Lecce;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Mormandi Giuseppe;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22/04/2009 il dott. Luigi Viola e uditi altresì, il Prof. Avv. Ernesto Sticchi Damiani per l’Amministrazione comunale di Tuglie, l’Avv. dello Stato Libertini per le Amministrazioni statali intimate e l’Avv. Mormandi per il controinteressato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


Il ricorrente è titolare del bar Gimami in Tuglie.

A seguito di una serie di accertamenti dell’A.U.S.L. che evidenziavano il superamento del limite differenziale di rumore in alcuni ambienti dell’immobile confinante di proprietà dell’Avv. Giuseppe Mormandi, il Sindaco di Tuglie, con ordinanza 14 maggio 2003 n. 19, ordinava al ricorrente di osservare l’orario di chiusura delle ore 23 fino al 30 giugno 2003; l’ordinanza era impugnata dal ricorrente per: 1) violazione dell’art. 9 della l. 477/1995, violazione dei principi in materia di ordinanze contingibili ed urgenti, carenza dei presupposti; 2) eccesso di potere per falsa presupposizione e travisamento dei fatti; 3) violazione dei principi in materia di ordinanze contingibili ed urgenti sotto altro profilo; con il ricorso, il ricorrente chiedeva altresì il risarcimento dei danni derivanti dall’esecuzione dell’atto impugnato.

L’ordine al ricorrente di osservare l’orario di chiusura alle ore 23,00 era successivamente prorogato con le ordinanze 30.6.2003 n. 30, 30.7.2003 n. 38 e 21 gennaio 2005 n. 2; anche le successive ordinanze del Sindaco di Tuglie erano impugnate dal ricorrente, con motivi aggiunti depositati in data 8 novembre 2003 e 13 aprile 2005 (motivi aggiunti che reiteravano altresì l’istanza risarcitoria).

Con la successiva ordinanza 16 febbraio 2006 n. 4, il Sindaco del comune di Tuglie, preso atto del perdurare della situazione di inquinamento acustico in questione, ordinava al ricorrente di ordinare l’orario di apertura delle ore 7,00 e di chiusura delle ore 22,00, fino al 31 maggio 2006; anche l’ordinanza in questione era impugnata dal ricorrente con motivi aggiunti depositati in data 21 marzo 2006 che reiteravano anche l’istanza risarcitoria.

Con decreto 21 marzo 2006 n. 294 era rigettata l’istanza di tutela cautelare monocratica presentata da parte ricorrente.

Con la successiva ordinanza 18 maggio 2006 n. 20, il Sindaco del Comune di Tuglie rilevava come nel periodo di validità della precedente ordinanza n. 4/2006 non fosse stata accertata alcuna violazione e come quindi gli orari ivi previsti fossero da considerare idonei a tutelare la pubblica incolumità, ed ordinava quindi al ricorrente di rispettare l’orario di apertura delle ore 7,00 e di chiusura delle ore 22,00, fino all’eventuale adozione di misure idonee ad eliminare la rilevata situazione di inquinamento acustico; anche l’ordinanza in questione era impugnata dal ricorrente con motivi aggiunti depositati in data 19 agosto 2006, per: 1) illegittimità propria e derivata; 2) violazione dell’art. 9 della l. 477/1995, violazione dei principi in materia di ordinanze contingibili ed urgenti, carenza dei presupposti; 3) violazione e falsa applicazione dell’art. 54, 3° comma del d.lgs. 267/2000; 4) violazione dei principi in materia di ordinanze contingibili ed urgenti, sviamento dalla causa tipica dell’atto; 5) eccesso di potere per carenza dei presupposti dell’azione amministrativa, falsa applicazione dell’art. 2, comma 3 lett. b) della l. 447/95 in relazione al d.p.c.m. 1 marzo 1991, violazione della l.r. n,. 3/2002, travisamento dei fatti, eccesso di potere per carenza di istruttoria; 6) violazione dei principi in materia di ordinanze contingibili ed urgenti sotto altro profilo; eccesso di potere per carenza istruttoria e falsa presupposizione, erroneità dei presupposti; 8) violazione dell’art. 7 della l. 241 del 1990, eccesso di potere per difetto di motivazione; anche con l’ultima serie di motivi aggiunti, il ricorrente chiedeva altresì il risarcimento dei danni derivanti dall’esecuzione dell’atto impugnato.

Si costituivano in giudizio le Amministrazioni intimate e l’Avv. Giuseppe Mormandi, controdeducendo sul merito del ricorso.

All'udienza del 22 aprile 2009 il ricorso passava quindi in decisione.


DIRITTO


Il ricorso e i motivi aggiunti depositati in data 8 novembre 2003, 13 aprile 2005, 21 marzo 2006 e 19 agosto 2006 sono caratterizzati da problematiche giuridiche e fattuali sostanzialmente analoghe e possono pertanto essere decisi unitariamente.

In particolare, con la sentenza 24 gennaio 2006 n. 488 la Sezione ha già affrontato le problematiche relativa alla struttura del potere di ordinanza previsto dall’art. 9, 1° comma della l. 447 del 1995, alla possibilità di utilizzare la previsione a tutela del diritto alla salute anche di una sola persona o di una sola famiglia, alla possibilità di motivare "per relationem" il provvedimento contingibile e urgente (mediante rinvio agli accertamenti effettuati dagli organi competenti) e all’impossibilità di applicare la previsione dell’art. 7 l. 241 del 1990 anche agli accertamenti in ordine al superamento dei limiti di rumore; trattandosi di problematiche assolutamente identiche a quelle sollevate con il ricorso ed i motivi aggiunti è pertanto sufficiente richiamare anche in questa sede quanto già rilevato nella precedente decisione della Sezione: «in primo luogo, appare opportuno rammentare che l’art. 9 primo comma della menzionata legge quadro sull’inquinamento acustico n° 447 del 1995 dispone che “Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell’ambiente il Sindaco …. con provvedimento motivato può ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l’inibitoria parziale o totale di determinate attività”.

Il Collegio è dell’avviso meditato che la soprariportata norma di legge non possa essere riduttivamente intesa come una mera (e, quindi, pleonastica) riproduzione, nell’ambito della normativa di settore in tema di tutela dall’inquinamento acustico, del generale potere di ordinanza contingibile ed urgente tradizionalmente riconosciuto dal nostro ordinamento giuridico al Sindaco (quale Ufficiale di Governo) in materia di sanità ed igiene pubblica, ma che invece la stessa debba essere logicamente e sistematicamente interpretata nel particolare significato che assume all’interno di una normativa dettata - in attuazione del principio di tutela della salute dei cittadini previsto dall’art. 32 della Costituzione - allo scopo primario di realizzare un efficace contrasto al fenomeno dell’inquinamento acustico, tenendo nel dovuto conto il fatto che la Legge n° 447/1995 (nell’art. 2 primo comma lettera “a”) ha ridefinito il concetto di inquinamento acustico, qualificandolo come “l’introduzione di rumore nell’ambiente abitativo o nell’ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane”, sancendo espressamente che esso concreta (in ogni caso) “un pericolo per la salute umana”.

Conseguentemente, l’utilizzo del particolare potere di ordinanza contingibile ed urgente delineato dall’art. 9 della Legge 26 Ottobre 1995 n° 447 deve ritenersi (“normalmente”) consentito allorquando gli appositi accertamenti tecnici effettuati dalle competenti Agenzie Regionali di Protezione Ambientale rivelino la presenza di un fenomeno di inquinamento acustico, tenuto conto sia che quest’ultimo - ontologicamente (per esplicita previsione dell’art. 2 della stessa L. n° 447/1995) - rappresenta una minaccia per la salute pubblica, sia che la Legge quadro sull’inquinamento acustico non configura alcun potere di intervento amministrativo “ordinario” che consenta di ottenere il risultato dell’immediato abbattimento delle emissioni sonore inquinanti.

In siffatto contesto normativo, l’accertata presenza di un fenomeno di inquinamento acustico (pur se non coinvolgente l’intera collettività) appare sufficiente a concretare l’eccezionale ed urgente necessità di intervenire a tutela della salute pubblica con l’efficace strumento previsto (soltanto) dall’art. 9 primo comma della più volte citata Legge n° 447/1995.

Va aggiunto che, da un lato, la tutela della salute pubblica non presuppone necessariamente che la situazione di pericolo involga l’intera collettività ben potendo richiedersi tutela alla P.A. anche ove sia in discussione la salute di una singola famiglia (o anche di una sola persona) e, dall’altro, che non può essere certamente reputato ordinario strumento di intervento (sul piano amministrativo) la facoltà riconosciuta dal Codice Civile al privato interessato di adire l’Autorità Giudiziaria Ordinaria per far cessare le immissioni dannose che eccedano la normale tollerabilità.

….Chiarito ciò, si manifestano come infondate anche le rimanenti doglianze formulate nel ricorso e nei motivi aggiunti.

Si osserva sinteticamente in proposito che: gli elementi di particolare urgenza (unitamente al c.d. “effetto sorpresa” indispensabile per l’efficacia dei controlli), che caratterizzano immanentemente l’intero procedimento amministrativo de quo diretto all’abbattimento delle emissioni rumorose inquinanti, gli conferiscono quella specialità che giustifica la deroga ai principi generali in tema di partecipazione previsti dagli artt. 7 e seguenti della Legge 7 Agosto 1990 n° 241 (e che comunque, sul piano sostanziale ex art. 21 octies secondo comma della stessa legge, l’eventuale partecipazione al procedimento della odierna ricorrente non avrebbe potuto in alcun modo influire sugli esiti dello stesso); le ordinanze impugnate sono adeguatamente motivate “per relationem” con l’espresso richiamo ai due verbali di rilevamento d’inquinamento acustico redatti dal Dipartimento Provinciale di Lecce dell’A.R.P.A. Puglia, in quanto notoriamente l’art. 3 terzo comma della Legge n° 241/1990 non impone la materiale messa a disposizione degli atti richiami nel provvedimento finale (essendo sufficiente l’indicazione degli estremi identificativi dei medesimi atti, che consente all’interessato la possibilità di richiederne l’accesso); l’allegata indeterminatezza e/o ultroneità delle prescrizioni di bonifica imposte con le contestate ordinanze sindacali al fine di ricondurre la rumorosità entro i limiti di legge ed eliminare l’inquinamento acustico appare in realtà rispondente al dettato dell’art. 9 primo comma della Legge 26 Ottobre 1995 n° 447, che prevede la possibilità di ordinare l’utilizzo di qualunque accorgimento tecnicamente idoneo al contenimento o all’abbattimento delle emissioni sonore concretanti inquinamento acustico» (T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 24 gennaio 2006 n. 488).

Anche nella fattispecie che ci occupa siamo in presenza di una serie di provvedimenti adottati a seguito di approfonditi accertamenti operati dagli organi competenti (e motivati "per relationem" mediante richiamo dei risultati delle verificazioni in questione), nel sostanziale contraddittorio con la parte ricorrente e sulla base di una equilibrata ponderazione di interessi che ha portato ad una progressiva restrizione degli orari di apertura del locale, nel tentativo di contemperare il diritto alla salute della famiglia Mormandi e le esigenze imprenditoriali del ricorrente.

Con la sentenza 24 ottobre 2007 n. 3656, la Sezione ha poi affrontato la problematica della possibilità di applicare i cd. limiti di rumore differenziale, anche in mancanza della zonizzazione acustica del territorio comunale prevista dall’art. 6, 1° comma lett. a) della l. 447 del 1995, individuando nella previsione dell’art. 3, 3° comma della l.r. 12 febbraio 2002, n. 3 la fonte primaria che, dopo la modifica del Titolo V della Costituzione, regolamenta la materia in maniera esaustiva nella Regione Puglia, imponendo il rispetto di limiti differenziali di rumore, anche in mancanza della zonizzazione acustica da parte del Consiglio comunale; anche in questo caso, è quindi sufficiente il richiamo di quanto già rilevato dalla Sezione nella sentenza citata: «alla luce di questa nuova fisionomia del riparto di potestà legislativa e regolamentare tra Stato e Regioni tracciato dal legislatore costituzionale del 2001 si può oggi affermare che la legislazione Regionale adottata in una materia di cd legislazione concorrente può ricevere attuazione solo attraverso l’esercizio della omologa potestà regolamentare. Ciò significa, come anche posto in risalto dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 376/2002, che le norme regolamentari statali preesistenti rispetto al varo del nuovo titolo V della carta fondamentale, emanate in conformità del passato quadro costituzionale, permangono in vigore fino a quando non vengano sostituite da nuove norme dettate dall’autorità dotata di competenza nel nuovo sistema (Regioni).

In un riparto così rigidamente strutturato, alla fonte secondaria statale è, pertanto, inibita in radice la possibilità di vincolare l’esercizio della potestà legislativa regionale.

Ciò detto occorre osservare che la materia dell’inquinamento acustico è disciplinata, nella Regione Puglia, con la legge 12 febbraio 2002, n. 3

L’art 1 di detta legge enuncia le finalità perseguite dal legislatore il quale detta norme di indirizzo per la tutela dell’ambiente esterno e abitativo, per la salvaguardia della salute pubblica da alterazioni conseguenti all’inquinamento acustico proveniente da sorgenti sonore, fisse o mobili, e per la riqualificazione ambientale.

Risulta, perciò, ripetuto che la disciplina normativa del fenomeno dell’inquinamento acustico attiene alla tutela della salute, materia in cui, per quanto già rilevato, vige un riparto di potestà legislativa Stato-Regioni che devolve alle Regioni la fissazione delle regole di settore lasciando allo Stato la determinazione dei principi fondamentali.

Il successivo articolo 3 della stessa legge regionale stabilisce, al comma 3, che “ per le zone non esclusivamente industriali …. oltre i limiti massimi per il rumore ambientale, trova applicazione anche il cd criterio differenziale alla luce del quale non può essere superata la differenza di 5 db durante il periodo diurno e di 3 db durante il periodo notturno» (T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 24 ottobre 2007 n. 3656).

Per quello che riguarda l’imputabilità delle emissioni sonore, è poi sufficiente rilevare come, trattandosi di un provvedimento caratterizzato dal carattere marcatamente preventivo e non sanzionatorio, non possa essere attribuita alcuna rilevanza alle argomentazioni articolate da parte ricorrente, in ordine alla responsabilità degli avventori; a questo proposito, rileva, infatti, solo l’oggettiva riportabilità delle emissioni sonore all’esercizio dell’attività commerciale da parte ricorrente e la mancata adozione, da parte dello stesso, delle cautele idonee a determinare la cessazione o le riduzione delle emissioni sonore.

Il ricorso e i motivi aggiunti depositati in data 8 novembre 2003, 13 aprile 2005, 21 marzo 2006 e 19 agosto 2006 sono pertanto infondati e devono essere respinti, sia per quello che riguarda l’azione di annullamento, sia per quello che riguarda l’azione risarcitoria; le spese di giudizio dell’Amministrazione comunale di Tuglie e del controinteressato devono essere poste a carico del ricorrente e liquidate come da dispositivo.

Sussistono ragioni per procedere alla compensazione delle spese di giudizio nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell'Interno - Roma, del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio - Roma e del Prefetto di Lecce.


P.Q.M.



Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, I Sezione di Lecce, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso e i motivi aggiunti depositati in data 8 novembre 2003, 13 aprile 2005, 21 marzo 2006 e 19 agosto 2006, come da motivazione.

Condanna il ricorrente alla corresponsione, in favore dell’Amministrazione comunale di Tuglie, della somma di € 1.500,00 (millecinquecento/00) a titolo di spese del giudizio.

Condanna il ricorrente alla corresponsione, in favore del controinteressato Avv. Giuseppe Mormandi, della somma di € 1.500,00 (millecinquecento/00) a titolo di spese del giudizio.

Compensa le spese di giudizio nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell'Interno - Roma, del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio - Roma e del Prefetto di Lecce.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 22/04/2009 con l'intervento dei Magistrati:

Aldo Ravalli, Presidente
Luigi Viola, Consigliere, Estensore
Massimo Santini, Referendario

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 21/05/2009


 
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