La testimonianza de relato della polizia giudiziaria

La testimonianza rientra nel novero dei mezzi di prova tipici ed è disciplinata nel Titolo II capo I c.p.p.

Si tratta di uno strumento processuale utile ad acquisire un elemento di prova idoneo a permettere l’accertamento dei fatti – A differenza dell’imputato il testimone ha l’obbligo di presentarsi al giudice e di dire la verità.

Quali ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, gli appartenenti alla Polizia Locale sono spesso citati a testimoniare sui fatti dei quali sono venuti a conoscenza direttamente nell’esercizio delle loro funzioni.

A volte però il fatto da provare non è frutto di percezione diretta ma è stato rappresentato dalla p.g. da altra fonte, ad esempio per sentito dire dal soggetto indagato.

L’articolo 62 c.p.p. pone il divieto di testimonianza sulle dichiarazioni rese dall’imputato “comunque rese” in un atto del procedimento.

Il successivo articolo 195 al comma 4 pone il divieto per gli appartenenti alla polizia giudiziaria di deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite dai testimoni con le modalità di cui agli articoli 351 e 357….

Questo perché l’indagato/imputato ha il diritto costituzionalmente garantito al silenzio ed è libero se e quando rendere dichiarazioni, diritto che non può essere aggirato facendo testimoniare la polizia giudiziaria che lo ha sentito.

Infatti in sede di interrogatorio corre l’obbligo per i verbalizzanti di dare avviso all’indagato della facoltà di non rispondere alle domande, quale esercizio del suo diritto di difesa.

Ma in quale ambito opera tale divieto?

Se la polizia giudiziaria anziché verbalizzare si limita ad ascoltare le dichiarazioni rese dall’indagato, può testimoniare su queste?

Sulla questione, non di poco conto, si è dovuta pronunciare la Corte Costituzionale con la sentenza n. 305 del 2008.

La Consulta ha ritenuto indirettamente lesivo del diritto di difesa e dei principi del giusto processo, utilizzare la testimonianza quando si riferisce a dichiarazioni assunte irritualmente (non verbalizzate), e rendere invece inutilizzabili quelle ritualmente verbalizzate.

Con la sentenza citata è stata pertanto dichiarata la illegittimità costituzionale dell’articolo 195 c. 4 c.p.p.  ove interpretato nel senso che gli UPG/APG non possono essere chiamati a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese soltanto se acquisite  con le modalità di cui agli articoli 351 e 357 c.2 c.p.p. e non anche nel caso in cui pur ricorrendone le condizioni, tali modalità non siano state osservate.

EFFETTO PRATICO

Un operaio muore sul luogo di lavoro perché colpito da una lastra di granito caduta dall’alto.

Un collega di questo, dichiara oralmente alla polizia giudiziaria intervenuta, di aver potuto causare l’infortunio perché per un errore di manovra con la gru che stava guidando ha urtato la lastra di granito poi caduta.

Rinviato a giudizio per il reato di omicidio colposo è stato assolto per insufficienza di prove.

Infatti, sulla scorta dei motivi sopra esposti, la testimonianza della polizia giudiziaria sulle dichiarazioni rese dall’imputato sul luogo di lavoro, è stata resa inutilizzabile.

In un precedente scritto dal titolo “L’attività della polizia giudiziaria utile al giudice” (pubblicato sul sito www.vigileamico.it ), è stata trattata la problematica circa gli elementi di prova dai quali il giudice, deve ricavare il c.d. risultato probatorio sul quale poter fondare il proprio libero convincimento.

Ebbene, questo non può basarsi su elementi dichiarati inutilizzabili pena errores in iudicando e in procedendo.

Un ultima considerazione.

Ho sentito alcuni colleghi utilizzare il seguente escamotage.

Assumere inizialmente a sit ex articolo 351 c.p.p. la persona sospettata di aver commesso un reato, per poi interrompere il verbale al primo indizio di reità e procedere con l’elezione di domicilio (questo perché se sentito subito a sommarie informazioni in presenza del difensore potrebbe avvalersi della facoltà di non rispondere). NON REGGE!

L’articolo 63 c. 2° c.p.p. sanziona con la inutilizzabilità le dichiarazioni di chi doveva essere sentito sin dall’inizio come imputato inoltre, aggiungo, il verbalizzante non potrà testimoniare su quanto sentito dire!

Casi in cui è ammessa la testimonianza indiretta della polizia giudiziaria

Abbiamo detto che il divieto della testimonianza indiretta della p.g. non può essere eluso non verbalizzando le dichiarazione e che la Consulta non ammette interpretazioni estensive dell’art.195.4 c.p.p.

L’articolo 195 c. 4 c.p.p. con una lettura al contrario, ammette la testimonianza indiretta della polizia giudiziaria fuori dalle ipotesi di espresso divieto e si applicano le disposizioni di cui ai commi 1,2 e 3 del suddetto articolo.

Il criterio distintivo è legato al formale svolgimento dell’esercizio delle proprie funzioni in cui occorre assumere sommarie informazioni da possibili testimoni o dichiarazioni dall’indagato: ad esempio nel corso di un appostamento o di un pedinamento, attività dove la polizia giudiziaria deve restare nell’anonimato, percepisce dichiarazioni da un possibile testimone.

In questo caso per la validità della testimonianza indiretta, il giudice, a richiesta di parte, deve disporre che la persona dichiarante sia chiamata a deporre.

La testimonianza indiretta sarà comunque pienamente utilizzabile quando nel caso sopra esposto l’esame del testimone diretto si renda impossibile per morte, infermità o irreperibilità.

Stessa cosa quando la polizia giudiziaria è citata a riferire dichiarazioni che costituiscono corpo del reato ad esempio in un processo per calunnia oppure deve riferire su cose percepite ma prive di contenuto narrativo come un’offesa, un avvertimento etc.

Dott. Sauro Brugnoni – Ufficiale di Polizia Locale

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