La comunicazione dei dati del conducente

1 . INTRODUZIONE

         Una recente sentenza della Cassazione ha preso una posizione netta, convalidando anche precedente sentenza, sulla mancata comunicazione dei dati del conducente e della sua patente da parte del proprietario del veicolo nei confronti del quale era stata accertata una violazione, contestata successivamente a mezzo notifica del verbale. La sentenza merita un approfondimento perché in contrasto con la prassi ministeriale.

2 . IL CASO GENERALE

        Il codice della strada, dopo l’introduzione della patente a punti, prevede che per alcune violazioni vengano detratti punti dalla patente del conducente. Nel caso la contestazione della violazione venga effettuata al momento dell’accertamento l’agente accertatore registra, sul verbale, il nominativo del conducente e i dati della sua patente di guida mentre nel caso la contestazione di una violazione avvenga a mezzo notifica del verbale alla residenza del proprietario del veicolo  è quest’ultimo che deve comunicare il nominativo del conducente e i dati della sua patente.

         Quanto sopra riportato è previsto dal comma 3, secondo periodo dell’art. 126bis del codice della strada, che continua precisando che “Il proprietario del veicolo, ovvero altro obbligato in solido ai sensi dell’articolo 196, sia esso persona fisica o giuridica, che omette, senza giustificato e documentato motivo, di fornirli è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 286 a euro 1.142”. Nel vecchio testo la sanzione era individuata nell’art. 180 comma 8 del codice della strada mentre, attualmente, la sanzione è stata introdotta nell’articolo 126 bis. La mancata comunicazione comporta il pagamento di una sanzione pecuniaria di Euro 286 da pagare entro 60 giorni dal momento della contestazione o della notifica del  verbale fatto salvo lo sconto del 30% se il pagamento avviene entro 5 giorni  dal momento della contestazione o della notifica del verbale e cioè Euro 200,20.

         Il problema verte sull’inciso … omette, senza giustificato e documentato motivo….. e cioè è chiaro che rimane da capire quando il motivo è giustificato e quando è documentato e se quella “e” congiunge o disgiunge nel senso che il motivo debba essere congiuntamente motivato e documentato oppure se quella “e” sta per una “o”. E’ chiaro, verosimilmente, che quella “e” comporti non solo una giustificazione ma anche una documentazione. Il fatto, ad esempio, che una persona si sia sentita male  non può comportare una semplice giustificazione ma certo occorrerà documentare questo malore  e la documentazione avrà sicuramente non solo un valore aggiunto ma definitivo. Del resto ancora più rilevante è la domanda su chi debba giudicare che l’omissione sia o meno giustificata o che la documentazione sia valida, per quanto in questo caso, il problema sia sicuramente …minore.

3 . L’INTERVENTO DELLA CASSAZIONE

         La domanda è se, nel caso che qui ci interessa, l’omissione dell’invio dei dati è giustificata e documentata se il proprietario del veicolo proponga ricorso al Prefetto o al Giudice di Pace contro il verbale di contestazione. Il fatto stesso che il codice della strada precisi che l’organo di polizia comunichi i dati del conducente all’anagrafe nazionale degli abilitati alla guida dopo che la situazione si sia definita e cioè o pagata o definitivamente definita dopo la presentazione di ogni possibile ricorso previsto dalla legge, fa porre qualche domanda alla quale dare risposta.

         La Corte di Cassazione con sentenza n. 24233 del 29.11.2016 riconferma (in quanto l’aveva già detto in precedente sentenza)  che il pagamento della sanzione correlata alla violazione del codice della strada non eviti, se richiesto, l’obbligo di comunicare i dati del conducente che costituisce, infatti, un distinto obbligo rispetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria.

         L’obbligo della comunicazione da parte dell’intestatario del veicolo non è neppure sospeso per effetto di un ricorso o eliminato da parte del Prefetto o del Giudice di Pace a cui si è ricorso. La sanzione  è prevista per l’omessa collaborazione che il cittadino deve prestare all’organo di polizia stradale al fine di consentirgli di effettuare i necessari e previsti accertamenti per l’espletamento dei servizi di polizia stradale.

         Occorre precisare, però, che la sentenza parte da un verbale molto datato quando cioè la sanzione per l’omessa collaborazione  era punita dal più generico articolo 180 comma 8 del codice della strada mentre ora è punita dal più preciso art. 126bis quello che, appunto, tratta della patente a punti.

         In questi anni la situazione si è evoluta per i tanti casi pratici che non è qui il caso di soffermarsi perché ci porterebbe lontano.

4 – L PRASSI DEL MINISTERO DELL’INTERNO

         Nel frattempo il Ministero dell’Interno si è fatto avanti per risolvere questa situazione non precisata. Naturalmente una circolare non fa legge ma la funzione, positiva è quella di avere una linea uniforme dalle Alpi alla Sicilia per evitare che ogni organo di polizia stradale si doti di una “norma” magari opposta a quella del comando vicino cosicché tutti i cittadini vengano trattati allo stesso modo.

.  Questa prassi viene emessa nell’ambito delle funzioni assegnategli dalla legge (art. 11  comma 3 del codice della strada) di < coordinamento dei servizi di polizia stradale da chiunque espletati > .

         Come abbiamo visto il comma 2 dell’art. 126bis sanziona l’omessa comunicazione dei dati senza che ci sia un giustificato e documentato motivo. Siccome non esiste un elenco di motivi giustificati o non giustificati il Ministero dell’interno ha disposto che, nei casi in cui venga presentato ricorso avverso il verbale di contestazione della violazione, la comunicazione dei dati possa essere rinviata all’esito del ricorso, nulla così togliendo al dispositivo normativo dal momento che la comunicazione della sottrazione di punti all’anagrafe conducenti è subordinata alla definizione della contestazione. In effetti questa scelta compensa tutte le problematiche dal momento che supera tutti i dubbi già esposti e solleva da qualsiasi decisione tutti gli uffici producendo anche una nota positiva verso tutti gli utenti, che spesso, presentano ricorso per dimostrare la totale estraneità all’evento e quindi può risultare anche impossibile fornire le informazioni richieste sempre che la doglianza sia vera, verificata e accettata da chi deve decidere.

         Il Ministero precisa però che il ricorrente deve farsi parte diligente informando il comando procedente dell’invio del ricorso stante il fatto che il comando può avere notizia del ricorso in tempi lunghi e quindi dopo che ha già inviato il verbale ai sensi del 126bis per mancata comunicazione dei dati del conducente all’intestatario del verbale.

         L’intestatario del verbale deve quindi, nello stesso termine entro il quale avrebbe dovuto comunicare i dati del conducente e della sua patente, documentare l’ufficio procedente dell’avvenuta presentazione del ricorso.

         Se ciò non avviene, precisa il ministero, si applica la sanzione dell’art. 126bis c. 2, per quanto con la presentazione del ricorso si riaprirà sicuramente un altro problema di interpretazione.

         Il Ministero precisa anche di essere a conoscenza di sentenze della Cassazione che apparentemente sanciscono il contrario, cioè che sull’obbligo di risposta è ininfluente l’avvenuta presentazione di ricorso ma sottolinea che in genere si tratta di sentenze riferite a casi in cui non solo l’interessato non aveva informato del ricorso ma anche che l’omissione non costituiva ancora autonoma infrazione sanzionata dal comma 2 com’è attualmente. La sua originaria formulazione diceva infatti < Se il proprietario del veicolo omette di fornirli [i dati del conducente] si applica a suo carico la sanzione prevista dall’art. 180 c. 8. > introducendo così quel principio di collaborazione con la PA, propria dell’art. 180, che le citate sentenze hanno riconosciuto violato ma che non è più invocabile nella nuova formulazione che ha reso ora il comma 2 completamente a se resta stante rispetto all’art. 180.

5 – CONCLUSIONI

         Resta fermo il fatto che la legge è la legge e che non sempre la legge può coprire tutte le sfaccettature del caso che si manifestano, ovviamente, al momento della sua applicazione e quindi a posteriori. E’ vero che la legge può cambiare e adeguarsi alla situazione ma certamente questo non é possibile in tempo reale e per ogni esigenza. Ecco che allora arrivano le sentenze, queste in genere in tempi molto lunghi, e le circolari, in verità a “tamburo battente” perché gli organi di polizia stradale hanno il polso della situazione e quindi il Ministero dell’Interno, come da disposizione del codice della strada, interviene a disciplinare i vari casi. Non sempre le scelte sono condivisibili al cento per cento ma non si può stare a cavillare su scelte emanate per uniformare la prassi a livello nazionale e quindi la loro applicazione mette, come dire, al sicuro, tutti quelli che le adottano. Come può il responsabile di un ufficio di polizia non accettare quel motto in auge in questo momento e cioè…..chi sono io per contestare una prassi ministeriale?….o secondo un motto più antico conviene allinearsi perché …. ubi maior minor cessat.

         Insomma….la sentenza in questione fa riferimento a fatti accaduti da tempo quando la legge diceva cose diverse e quindi non appare possibile seguirne le conclusioni al contrario della circolare che, invece, fa riferimento alla situazione attuale.

         Per concludere… le indicazioni ministeriali risolvono il problema alla radice e nel caso nel corpo del ricorso non siano indicati i dati del conducente e della sua patente il comando procedente può sempre, come dice il ministero, rinnovare la richiesta dei dati.

Dr. Franco Simoncini

Dirigente/Comandante Polizia Municipale a r.

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