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La determinazione dell'ampiezza della zona vincolata stabilita è in linea di principio, ampiamente discrezionale e, per altro verso, non può essere giudicata astrattamente, ma va valutata in rapporto all'ubicazione, alla natura ed alle caratteristiche del complesso dei beni costituenti l'insieme da preservare.

Tribunale Amministrativo Regionale LAZIO - Roma
Sentenza del 12 febbraio 2009, n. 1440


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

Sezione Seconda Quater

composto dai signori magistrati:

Dott. Lucia Tosti Presidente

Dott. Renzo Conti Consigliere

Dott. Stefania Santoleri Consigliere, relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 4135/96, proposto da Pi. St., Fr. Pi. e El. Pi. in qualità di eredi di Fe. Pi., rappresentate e difese dall'Avv. Si. Gi. ed elettivamente domiciliate presso lo studio dell'Avv. Va. Co. sito in Ro., Via Fl. n. (...).

contro

il MINISTERO DEI BENI CULTURALI E AMBIENTALI in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici di Ro., Via De. Po. n. (...), è domiciliato per legge.

per l'annullamento

- del decreto del Direttore Generale dell'Ufficio Centrale per i Beni AA.AA.AA.e SS. del 12/10/95, con cui è stata sottoposta a vincolo, diretto ed indiretto, una vasta area sita in Ro., Località To. Tr. Te., tra cui alcune particelle di proprietà delle ricorrenti;

- di ogni altro atto comunque connesso, presupposto o consequenziale a quello impugnato.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione resistente;

Visti tutti gli atti di causa;

Udita alla pubblica udienza del 9 gennaio 2009 la relazione della Dott.ssa Stefania Santoleri, e uditi, altresì, l'Avv. Si. Gi. per la parte ricorrente e l'Avv. dello Stato Ma. Gi. per l'Amministrazione resistente.

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO.

Le ricorrenti sono eredi del Sig. Fe. Pi. deceduto nel corso del giudizio.

Con atto del 3/10/08 si sono costituite in giudizio chiedendo l'accoglimento della domanda proposta del loro dante causa.

In qualità di eredi del Sig. Fe. Pi., sono proprietarie di un fondo distinto nel Catasto del Comune di Ro. al foglio (...), allegato (...), part. (...), (...), (...), (...), (...).

Dette aree sono collocate in un comprensorio oggetto di un pregresso vincolo storico-archeologico imposto dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali con decreto del 2/2/90, in quanto limitrofe all'antico Acquedotto Al.

Con il suddetto D.M. 2/2/90, l'Amministrazione aveva imposto il vincolo diretto sulle particelle sulle quali ricade l'acquedotto (particelle non di proprietà delle ricorrenti), ed il vincolo indiretto sulle aree circostanti, tra cui ricade quella di proprietà del Sig. Fe. Pi. (ora di proprietà delle sue eredi).

Con il provvedimento impugnato, decreto del 12/10/95, l'Amministrazione ha inteso vincolare una vasta zona confinante a nord e a sud con quella già gravata dal precedente decreto del 2/2/90 imponendo prescrizioni ancora più rigorose di quelle precedenti.

Avverso detto provvedimenti i ricorrenti deducono il seguente articolato motivo di impugnazione:

Violazione degli artt. 1, 3 e 21 della L. 1/6/39 n. 1089 - Eccesso di potere per manifesta illogicità ed incongruenza del provvedimento, erronea valutazione del presupposto, travisamento, difetto di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà.

Rilevano i ricorrenti che sull'area di loro proprietà non vi sarebbero reperti archeologici da tutelare, ed il vincolo sarebbe stato imposto esclusivamente per la tutela della libera visuale delle arcate dell'Acquedotto Al., sebbene in concreto l'acquedotto sarebbe visibile dalla loro proprietà soltanto a grande distanza ed in minima parte, esistendo diverse costruzioni, palazzi ed alberi che ne ostacolerebbero la veduta.

La previsione di un vincolo così assoluto e rigoroso sarebbe sproporzionata rispetto alla situazione da tutelare, e cioè la veduta in lontananza ed in minima parte dell'acquedotto.

La dimensione dell'area da sottoporre a vincolo sarebbe basata su foto aeree, non considerando che il comune cittadino non gode normalmente di tale tipo di visione.

Il comprensorio sarebbe stato già adeguatamente tutelato con il precedente D.M. 2/2/90, basato su rilevazioni a terra.

Peraltro la destinazione urbanistica dell'area (zona M, servizi di quartiere), l'altissima densità urbana e la presenza di numerose costruzioni, dimostrerebbero l'incongruenza e la sproporzionalità del vincolo.

Rilevano poi le ricorrenti che il provvedimento di vincolo dovrebbe essere adottato dopo un'istruttoria rigorosa, e dovrebbe essere munito di idonea motivazione dalla quale possa evincersi la ragione per la quale sia stato imposto il sacrificio all'interesse privato.

Nel provvedimento, infatti, l'Amministrazione avrebbe dovuto spiegare le ragioni per le quali avrebbe imposto prescrizioni così rigorose che impediscono in pratica la concreta utilizzazione del bene, tenuto conto che nell'imporre il vincolo su beni privati, l'Amministrazione deve contemperare gli opposti interessi, salvaguardando l'interesse pubblico in modo da imporre il minore sacrificio possibile all'interesse privato.

Nel caso di specie la motivazione sarebbe del tutto carente in quanto basata su concetti vaghi e mere parafrasi delle disposizioni normative.

Insistono quindi le ricorrenti per l'accoglimento del ricorso.

L'Amministrazione intimata si è costituita in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

All'udienza pubblica del 9 gennaio 2009, su concorde richiesta delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO.

Come meglio dedotto in narrativa, le ricorrenti eredi del Sig. Fe. Pi. hanno chiesto l'annullamento del decreto del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali del 12/10/95 con il quale è stata sottoposta a vincolo diretto ed indiretto una vasta area sita nel Comune di Ro., sita in località To. Tr. Te., nella quale sono ricomprese alcune particelle di loro proprietà (e precisamente le particelle nn. (...), (...), (...), (...), (...) del foglio (...), allegato (...)).

I terreni di proprietà delle ricorrenti risultano gravati per effetto del decreto di vincolo impugnato del solo vincolo indiretto in quanto su di esse non sono stati rinvenuti reperti archeologici; alcune particelle più a ridosso dell'antico acquedotto erano state già sottoposte a vincolo indiretto con il precedente decreto ministeriale del 2/2/90.

Il nuovo decreto di vincolo è particolarmente gravoso per i proprietari dei beni, in quanto impone le seguenti prescrizioni: E' ammessa l'utilizzazione a parco con l'esclusione di qualsiasi edificazione; sono ammesse le attività agricole che non comportino alterazioni della morfologia del territorio o coltivazioni o piantumazioni incongrue rispetto al paesaggio agrario storicizzato.

Il vincolo, quindi, comporta l'inedificabilità assoluta delle aree, e riverbera i suoi effetti sulle domande di condono proposte dalle ricorrenti.

Dalla lettura del provvedimento, emerge che il vincolo ex art. 21 L. 1089/39 è stato imposto al fine di salvaguardare la visuale dell'Acquedotto Al. da ogni parte del comprensorio, in rapporto agli altri elementi di esso e libera da ogni sfondo incongruo mantenendo così le caratteristiche morfologiche, topografiche e paesistiche dell'antico agro romano.

Con l'unico articolato motivo di ricorso, le ricorrenti sostengono che il provvedimento sarebbe stato adottato in carenza di adeguata istruttoria, sarebbe illogico ed irrazionale, oltre che viziato per violazione del principio di proporzionalità, essendo l'area vincolata eccessiva rispetto alle esigenze di tutela; inoltre il provvedimento sarebbe carente nella motivazione non essendo adeguatamente chiarita la ragione per la quale sarebbe stata vincolata, con prescrizioni così rigide,una così vasta area anche lontana dall'Acquedotto senza tener conto della reale situazione dei luoghi.

Ritiene il Collegio di dove preventivamente richiamare la giurisprudenza formatosi proprio con riferimento a questo specifico provvedimento di vincolo, con riferimento (ovviamente) ad altre aree (Cons. Stato Sez. VI 25/3/99 n. 330; Cons. Stato Sez. VI n. 4757/01).

Il Consiglio di Stato ha preventivamente richiamato il proprio precedente orientamento con riferimento alla notevole ampiezza della facoltà attribuita dall'art. 21 della L. 1 giugno 1939 n. 1089 al Ministro, in rapporto alle esigenze, specificamente indicate dalla stessa disposizione, "di evitare che sia messa in pericolo la integrità delle cose immobili" d'interesse storico ed artistico, "ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro", così da comprendere ogni misura o prescrizione idonea allo scopo ("le distanze, le misure e le altre norme", secondo la legge), la cui scelta è rimessa al prudente apprezzamento dell'Amministrazione, non sindacabile in sede di legittimità se non per manifesta illogicità ed arbitrarietà.

Nella decisione n. 4757/01, ha poi precisato richiamando la precedente decisione n. 330/99 - che con riferimento alla tutela perseguita dall'Amministrazione con il decreto in esame, è stato ritenuto corretto fare riferimento non tanto al singolo bene, quanto piuttosto alla natura di  comprensorio archeologico, attribuibile all'area compresa tra via To. Tr. Te., via Ca. Ca., il Gr., via Mu. di Ri. e via Pr., nel cui ambito il decreto impugnato vincola direttamente le aree caratterizzate da presenze archeologiche di interesse particolarmente importante ed individua l'esigenza di creare una fascia di rispetto intorno al comprensorio con la finalità di salvaguardare pienamente la visuale dell'Acquedotto Al. da ogni parte del comprensorio, in rapporto agli altri elementi di esso, libero da ogni sfondo incongruo, mantenendo così le caratteristiche morfologiche, topografiche e paesistiche dell'antico agro romano, nel quale si è ritenuto di dovere aggiungere i monumenti che sono stati creati e mantenuti nel tempo.

Pertanto,rispetto al comprensorio in questione, ha affermato la Sezione che le nozioni di "prospettiva" e "luce", devono essere intese nel senso del mantenimento di una visibilità complessiva sia di ciascuno dei reperti assoggettati a vincolo diretto di cui il comprensorio è costituito, che delle reciproche relazioni, così come, per ciò che concerne la tutela del "decoro", occorre comprendere in essa ogni prescrizione idonea a tenere indenne il valore culturale dell'insieme dalle lesioni e contaminazioni che possono derivare da opere o insediamenti con quel valore incompatibili, nell'ambito di una cornice (l'ambiente) nella quale si inseriscono gli elementi del comprensorio, avente determinate caratteristiche morfologiche, topografiche e paesistiche.

Il Consiglio di Stato ha quindi concluso rilevando che la determinazione dell'ampiezza della zona di rispetto stabilita è, dunque, in linea di principio, frutto di apprezzamento ampiamente discrezionale e, per altro verso, non può essere giudicata astrattamente, ma va valutata in rapporto all'ubicazione, alla natura ed alle caratteristiche del complesso dei beni costituenti l'insieme da preservare.


Infatti, mentre nell'ipotesi del vincolo diretto questo inerisce alla natura stessa della cosa vincolata, in modo che il contenuto del diritto di proprietà ne rimane conformato, il vincolo indiretto incide dall'esterno, apponendovi le limitazioni del caso, sui poteri di disposizione, godimento e manutenzione del proprietario, con la conseguente necessità di integrare i presupposti oggettivi del giudizio di congruità esperibile sulle determinazioni discrezionali dell'Amministrazione con il richiamo al principio generale, vigente in tema di limitazioni al diritto di proprietà, della realizzazione del pubblico interesse con il minor sacrificio possibile dell'interesse del privato ed è con il principio da ultimo enunciato che deve essere confrontata, la situazione in esame in rapporto all'area della quale di tratta.

Ne consegue che il giudizio sulla congruità del vincolo rispetto alle esigenze di tutela non può essere svolto in astratto, ma deve essere effettuato in concreto, tenendo conto della reale situazione di fatto dei luoghi sui quali il vincolo viene imposto.

Ed infatti, nei precedenti giurisprudenziali citati, il Consiglio di Stato ha assunto decisioni diverse a seconda della specifica posizione delle aree oggetto di vincolo indiretto, ritenendo, con decisione n. 330/99, che il vincolo fosse adeguatamente motivato e giustificato dall'esigenza di tutelare la prospettiva e la visibilità dell'acquedotto, gravemente compromessi in caso di edificazione delle aree; con la decisione n. 4757/01, ha invece ritenuto che la visibilità dell'acquedotto fruibile dall'area dei ricorrenti fosse estremamente ridotta e non avrebbe riguardato l'intera estensione della zona sottoposta a vincolo, tanto da giustificare l'utilizzazione a soli fini agricoli dell'intera area, e che pertanto la sottoposizione a vincolo della suddetta area fosse illegittima.

Ne consegue che, in applicazione dei suesposti principi giurisprudenziali, il Collegio deve esaminare la particolare situazione di fatto delle aree di proprietà delle ricorrenti, al fine di accertare se sussistono in concreto, con riferimento a dette specifiche aree, le esigenze di tutela.

Dalla disamina delle planimetrie e delle fotografie allegate agli atti del giudizio da parte dell'Avvocatura dello Stato, emerge che le particelle di proprietà ricorrente si trovano a ridosso dell'acquedotto, tant'è vero che le particelle n. 5 e n. 9 erano già state oggetto del precedente vincolo imposto con il D.M. 2/2/90.

Le particelle 8 e 382 si trovano immediatamente al di fuori della precedente fascia di rispetto, in zona assai prossima all'acquedotto monumentale.

Dall'esame della documentazione fotografica depositata in giudizio, si evince chiaramente il valore delle prospettive e delle visuali che il provvedimento dei vincolo ha inteso tutelare, essendo del tutto evidente che qualunque costruzione in loco pregiudicherebbe la prospettiva e la visibilità dell'acquedotto.

Ne consegue che, con riferimento alle specifiche aree di proprietà ricorrente, la motivazione del provvedimento di vincolo tenuto conto degli elementi ricavabili dalla relazione tecnica e dalla documentazione cartografica e fotografica si appalesa del tutto adeguata, ricorrendo tutti i presupposti indicati dalla giurisprudenza per l'apposizione del vincolo ex art. 21 L. 1089/39.

In conclusione, per i suesposti motivi il ricorso deve essere respinto perché infondato.

Quanto alle spese di lite, sussistono giusti motivi per disporne la compensazione tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione Seconda Quater -

respinge

il ricorso in epigrafe indicato.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 gennaio 2009.


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