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Decreto Legislativo 28 agosto 2000, n. 274
Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'art. 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468





IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA



Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l'art. 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visto l'art. 14 e seguenti della legge 24 novembre 1999, n. 468, che delega il Governo ad adottare, entro otto mesi dalla sua entrata in vigore, un decreto legislativo concernente la competenza in materia penale del giudice di pace, nonchè il relativo procedimento e l'apparato sanzionatorio dei reati ad esso devoluti, unitamente alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie secondo i princìpi e i criteri direttivi previsti dagli articoli 15, 16 e 17;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 23 giugno 2000;
Acquisiti i pareri delle competenti commissioni permanenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, a norma dell'art. 21, comma 1, della citata legge 24 novembre 1999, n. 468;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 25 agosto 2000;
Sulla proposta del Ministro della giustizia;

Emana il seguente decreto legislativo:



TITOLO I
PROCEDIMENTO DAVANTI AL GIUDICE DI PACE

CAPO I
Soggetti, giurisdizione e competenza



Art. 1
Organi giudiziari nel procedimento penale davanti al giudice di pace.

1. Svolgono funzioni giudiziarie nel procedimento penale davanti al giudice di pace:
a ) il procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario ha sede il giudice di pace;
b ) il giudice di pace.



Art. 2
Princìpi generali del procedimento davanti al giudice di pace.

1. Nel procedimento davanti al giudice di pace, per tutto ciò che non è previsto dal presente decreto, si osservano, in quanto applicabili, le norme contenute nel codice di procedura penale e nei titoli I e II del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, ad eccezione delle disposizioni relative:
a ) all'incidente probatorio;
b ) all'arresto in flagranza e al fermo di indiziato di delitto;
c ) alle misure cautelari personali;
d ) alla proroga del termine per le indagini;
e ) all'udienza preliminare;
f ) al giudizio abbreviato;
g ) all'applicazione della pena su richiesta;
h ) al giudizio direttissimo;
i ) al giudizio immediato;
l ) al decreto penale di condanna.

2. Nel corso del procedimento, il giudice di pace deve favorire, per quanto possibile, la conciliazione tra le parti.



Art. 3
Assunzione della qualità di imputato.

1. Nel procedimento davanti al giudice di pace, assume la qualità di imputato la persona alla quale il reato è attribuito nella citazione a giudizio disposta dalla polizia giudiziaria o nel decreto di convocazione delle parti emesso dal giudice di pace.



Art. 4
Competenza per materia.

1. Il giudice di pace è competente:
a) per i delitti consumati o tentati previsti dagli articoli 581, 582, limitatamente alle fattispecie di cui al secondo comma perseguibili a querela di parte, 590, limitatamente alle fattispecie perseguibili a querela di parte e ad esclusione delle fattispecie connesse alla colpa professionale e dei fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale quando, nei casi anzidetti, derivi una malattia di durata superiore a venti giorni , nonche' ad esclusione delle fattispecie di cui all' articolo 590 , terzo comma, quando si tratta di fatto commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell' articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 , e successive modificazioni, ovvero da soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope , 594, 595, primo e secondo comma, 612, primo comma, 626, 627, 631, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'art. 639- bis , 632, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'art. 639- bis , 633, primo comma, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'art. 639- bis , 635, primo comma, 636, salvo che ricorra l'ipotesi di cui all'art. 639- bis , 637, 638, primo comma, 639, primo comma, e 647 del codice penale (1);
b) per le contravvenzioni previste dagli articoli 689, 690, 691, 726, primo comma, e 731 del codice penale.

2. Il giudice di pace è altresì competente per i delitti, consumati o tentati, e per le contravvenzioni previsti dalle seguenti disposizioni:
a) articoli 25 e 62, terzo comma, del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, recante "Testo unico in materia di sicurezza";
b) articoli 1095 , 1096 e 1119 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327, recante "Approvazione del testo definitivo del codice della navigazione" (2);
c) art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1957, n. 918, recante "Approvazione del testo organico delle norme sulla disciplina dei rifugi alpini";
d) articoli 102 e 106 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, recante "Testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati";
e) art. 92 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, recante "Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali";
f) art. 15, secondo comma, della legge 28 novembre 1965, n. 1329, recante "Provvedimenti per l'acquisto di nuove macchine utensili";
g) art. 3 della legge 8 novembre 1991, n. 362, recante "Norme di riordino del settore farmaceutico";
h) art. 51 della legge 25 maggio 1970, n. 352, recante "Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo";
i) articoli 3, terzo e quarto comma, 46, quarto comma e 65, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753, recante "Nuove norme in materia di polizia, sicurezza e regolarità dell'esercizio delle ferrovie e di altri servizi di trasporto";
l) articoli 18 e 20 della legge 2 agosto 1982, n. 528 recante "Ordinamento del gioco del lotto e misure per il personale del lotto";
m) art. 17, comma 3, della legge 4 maggio 1990, n. 107, recante "Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti e per la produzione di plasmaderivati";
n) art. 15, comma 3, del decreto legislativo 27 settembre 1991, n. 311, recante "Attuazione delle direttive n. 87/404/CEE e n. 90/488/CEE in materia di recipienti semplici a pressione, a norma dell'art. 56 della legge 29 dicembre 1990, n. 428";
o) art. 11, comma 1, del decreto legislativo 27 settembre 1991, n. 313, recante "Attuazione della direttiva n. 88/378/CEE relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti la sicurezza dei giocattoli, a norma dell'art. 54 della legge 29 dicembre 1990, n. 428";
[p) art. 7, comma 9, del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 74, recante "Attuazione della direttiva n. 84/450/CEE in materia di pubblicità ingannevole"] (3);
q) articoli 186, commi 2 e 6, 187, commi 4 e 5, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante "Nuovo codice della strada" (4);
r) art. 10, comma 1, del decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 507, recante "Attuazione della direttiva n. 90/385/CEE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi medici impiantabili attivi";
s) art. 23, comma 2, del decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46, recante "Attuazione della direttiva n. 90/385/CEE concernente i dispositivi medici";
s-bis) articolo 10-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (5).

3. La competenza per i reati di cui ai commi 1 e 2 è tuttavia del tribunale se ricorre una o più delle circostanze previste dagli articoli 1 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e 3 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205.

4. Rimane ferma la competenza del tribunale per i minorenni.

(1) Lettera modificata dall'articolo 3, comma 5, della legge 15 luglio 2009, n. 94.
(2) Così rettificato in Gazz. Uff., 24 maggio 2001, n. 119.
(3) Lettera abrogata dall'articolo 2 della legge 6 aprile 2005, n. 49.
(4) Lettera modificata dall'articolo 3 della legge 9 aprile 2003, n. 72. Successivamente, la competenza per i reati previsti dagli articoli 186  e 187 del D.Lgs. 285/1992 è stata trasferita al tribunale.
(5) Lettera inserita dall'articolo 1, comma 17, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94.



Art. 5
Competenza per territorio.

1. Per i reati indicati nell'art. 4, competente per il giudizio è il giudice di pace del luogo in cui il reato è stato consumato.

2. Competente per gli atti da compiere nella fase delle indagini preliminari è il giudice di pace del luogo ove ha sede il tribunale del circondario in cui è compreso il giudice territorialmente competente.



Art. 6
Competenza per materia determinata dalla connessione.

1. Tra procedimenti di competenza del giudice di pace e procedimenti di competenza di altro giudice, si ha connessione solo nel caso di persona imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione.

2. Se alcuni dei procedimenti connessi appartengono alla competenza del giudice di pace e altri a quella della corte di assise o del tribunale, è competente per tutti il giudice superiore.

3. La connessione non opera se non è possibile la riunione dei processi, nè tra procedimenti di competenza del giudice di pace e procedimenti di competenza di un giudice speciale.



Art. 7
Casi di connessione davanti al giudice di pace.

1. Davanti al giudice di pace si ha connessione di procedimenti:
a ) se il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o cooperazione fra loro;
b ) se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione.



Art. 8
Competenza per territorio determinata dalla connessione.

1. Nei casi previsti dall'art. 7, se i reati sono stati commessi in luoghi diversi, la competenza per territorio appartiene per tutti al giudice di pace del luogo in cui è stato commesso il primo reato. Se non è possibile determinare in tal modo la competenza, questa appartiene al giudice di pace del luogo in cui è iniziato il primo dei procedimenti connessi.



Art. 9
Riunione e separazione dei processi.

1. Nei casi previsti dall'art. 7, prima di procedere all'udienza di comparizione, il giudice di pace può ordinare la riunione dei processi, quando questa non pregiudica la rapida definizione degli stessi.

2. Anche fuori dei casi previsti dall'art. 7, il giudice di pace può ordinare la riunione dei processi quando i reati sono commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre o quando più persone con condotte indipendenti hanno determinato l'evento o quando una persona è imputata di più reati commessi con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, ovvero ogni volta in cui ciò giovi alla celerità e alla completezza dell'accertamento.

3. Prima di procedere all'udienza di comparizione e, comunque, non oltre la dichiarazione di apertura del dibattimento, il giudice di pace ordina la separazione dei processi, qualora ritenga che la riunione possa pregiudicare il tentativo di conciliazione, ovvero la rapida definizione di alcuni fra i processi riuniti.



Art. 10
Astensione e ricusazione del giudice di pace.

1. Sulla dichiarazione di astensione del giudice di pace decide il presidente del tribunale.

2. Sulla ricusazione del giudice di pace decide la Corte di appello.

3. Il giudice di pace astenuto o ricusato è sostituito con altro giudice dello stesso ufficio designato secondo le leggi di ordinamento giudiziario.

4. Qualora non sia possibile la sostituzione prevista dal comma 3, la corte o il tribunale rimette il procedimento al giudice di pace dell'ufficio più vicino.



CAPO II
Indagini preliminari



Art. 11
Attività di indagine.

1. Acquisita la notizia di reato, la polizia giudiziaria compie di propria iniziativa tutti gli atti di indagine necessari per la ricostruzione del fatto e per l'individuazione del colpevole e ne riferisce al pubblico ministero, con relazione scritta, entro il termine di quattro mesi.

2. Se la notizia di reato risulta fondata, la polizia giudiziaria enuncia nella relazione il fatto in forma chiara e precisa, con l'indicazione degli articoli di legge che si assumono violati, e richiede l'autorizzazione a disporre la comparizione della persona sottoposta ad indagini davanti al giudice di pace.

3. Con la relazione, la polizia giudiziaria indica il giorno e l'ora in cui ha acquisito la notizia.



Art. 12
Notizie di reato ricevute dal pubblico ministero.

1. Salvo che ritenga di richiedere l'archiviazione, il pubblico ministero se prende direttamente notizia di un reato di competenza del giudice di pace ovvero la riceve da privati o da pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio, la trasmette alla polizia giudiziaria, perchè proceda ai sensi dell'art. 11, impartendo, se necessario, le direttive. Il pubblico ministero, se non ritiene necessari atti di indagine, formula l'imputazione e autorizza la polizia giudiziaria alla citazione a giudizio dell'imputato.



Art. 13
Autorizzazione del pubblico ministero al compimento di atti.

1. La polizia giudiziaria può richiedere al pubblico ministero l'autorizzazione al compimento di accertamenti tecnici irripetibili ovvero di interrogatori o di confronti cui partecipi la persona sottoposta alle indagini. Il pubblico ministero, se non ritiene di svolgere personalmente le indagini o singoli atti, può autorizzare la polizia giudiziaria al compimento degli atti richiesti. Allo stesso modo provvede se viene richiesta l'autorizzazione al compimento di perquisizioni e sequestri nei casi in cui la polizia giudiziaria non può procedervi di propria iniziativa.



Art. 14
Iscrizione della notizia di reato.

1. Il pubblico ministero provvede all'iscrizione della notizia di reato a seguito della trasmissione della relazione di cui all'art. 11, ovvero anche prima di aver ricevuto la relazione fin dal primo atto di indagine svolto personalmente.



Art. 15
Chiusura delle indagini preliminari.

1. Ricevuta la relazione di cui all'art. 11, il pubblico ministero, se non richiede l'archiviazione, esercita l'azione penale, formulando l'imputazione e autorizzando la citazione dell'imputato.

2. Se ritiene necessarie ulteriori indagini, il pubblico ministero vi provvede personalmente ovvero si avvale della polizia giudiziaria, impartendo direttive o delegando il compimento di specifici atti.



Art. 16
Durata delle indagini preliminari.

1. Il termine per la chiusura delle indagini preliminari è di quattro mesi dall'iscrizione della notizia di reato.

2. Nei casi di particolare complessità, il pubblico ministero dispone, con provvedimento motivato, la prosecuzione delle indagini preliminari per un periodo di tempo non superiore a due mesi. Il provvedimento è immediatamente comunicato al giudice di pace di cui all'art. 5, comma 2, che se non ritiene sussistenti, in tutto o in parte, le ragioni rappresentate dal pubblico ministero, entro cinque giorni dalla comunicazione, dichiara la chiusura delle indagini ovvero riduce il termine indicato.

3. Gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza dei termini indicati nei commi 1 e 2 non possono essere utilizzati.



Art.17
Archiviazione.

1. Il pubblico ministero presenta al giudice di pace richiesta di archiviazione quando la notizia di reato è infondata, nonchè nei casi previsti dagli articoli 411 del codice di procedura penale e 125 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nonchè dall'art. 34, commi 1 e 2 del presente decreto. Con la richiesta è trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali compiuti davanti al giudice.

2. Copia della richiesta è notificata alla persona offesa che nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione abbia dichiarato di volere essere informata circa l'eventuale archiviazione. Nella richiesta è altresì precisato che nel termine di dieci giorni la persona offesa può prendere visione degli atti e presentare richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari. Con l'opposizione alla richiesta di archiviazione la persona offesa indica, a pena di inammissibilità, gli elementi di prova che giustificano il rigetto della richiesta o le ulteriori indagini necessarie.

3. Il pubblico ministero provvede sempre a norma del comma 2, nei casi in cui la richiesta di archiviazione è successiva alla trasmissione del ricorso ai sensi dell'art. 26, comma 2.

4. Il giudice, se accoglie la richiesta, dispone con decreto l'archiviazione, altrimenti restituisce, con ordinanza, gli atti al pubblico ministero indicando le ulteriori indagini necessarie e fissando il termine indispensabile per il loro compimento ovvero disponendo che entro dieci giorni il pubblico ministero formuli l'imputazione.

5. Quando è ignoto l'autore del reato si osservano le disposizioni di cui all'art. 415 del codice di procedura penale.



Art. 18
Assunzione di prove non rinviabili.

1. Fino all'udienza di comparizione, il giudice di pace dispone, a richiesta di parte, l'assunzione delle prove non rinviabili, osservando le forme previste per il dibattimento. Si applicano le disposizioni previste dall'art. 467, commi 2 e 3, del codice di procedura penale.



Art. 19
Provvedimenti del giudice nel corso delle indagini.

1. Nel corso delle indagini e fino al deposito dell'atto di citazione a norma dell'art. 29, comma 1, competente a disporre il sequestro preventivo e conservativo è il giudice di pace indicato nell'art. 5, comma 2.

2. Il giudice di cui al comma 1 decide anche sulla richiesta di archiviazione, sull'opposizione di cui all'art. 263, comma 5, del codice di procedura penale sulla richiesta di sequestro di cui all'art. 368 dei medesimo codice, nonchè sulla richiesta di riapertura delle indagini. Lo stesso giudice è altresì competente a decidere sulla richiesta di autorizzazione a disporre le operazioni di intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche, di comunicazioni informatiche o telematiche ovvero di altre forme di telecomunicazione nonchè per i successivi provvedimenti riguardanti l'esecuzione delle operazioni e la conservazione della documentazione.



CAPO III
Citazione a giudizio



Art. 20
Citazione a giudizio (1).

1. 1. Il pubblico ministero cita l'imputato davanti al giudice di pace (2).

2. La citazione contiene:
a ) le generalità dell'imputato e le altre indicazioni personali che valgono ad identificarlo;
b ) l'indicazione della persona offesa, qualora risulti identificata;
c ) l'imputazione formulata dal pubblico ministero e l'indicazione delle fonti di prova di cui si chiede l'ammissione. Se viene chiesto l'esame di testimoni o consulenti tecnici, nell'atto devono essere indicate, a pena di inammissibilità, le circostanze su cui deve vertere l'esame;
d ) l'indicazione del giudice competente per il giudizio, nonchè del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia;
e ) l'avviso che l'imputato ha facoltà di nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza, sarà assistito da difensore di ufficio;
f ) l'avviso che il fascicolo relativo alle indagini preliminari è depositato presso la segreteria del pubblico ministero e che le parti e loro difensori hanno facoltà di prenderne visione e di estrarne copia.

3. La citazione deve essere sottoscritta, a pena di nullità, dal pubblico ministero o dall'assistente giudiziario (2).

4. La citazione è notificata, a cura dell'ufficiale giudiziario, all'imputato, al suo difensore e alla parte offesa almeno trenta giorni prima della data dell'udienza (2).

5. La citazione a giudizio è depositata nella segreteria del pubblico ministero unitamente al fascicolo contenente la documentazione relativa alle indagini espletate, il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, qualora non debbano essere custoditi altrove.

6. La citazione è nulla se l'imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dal comma 2, lettere c ), d ) ed e ).

(1) Rubrica sostituita dall'articolo 17 del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito in legge.
(2) Comma sostituito dall'articolo 17 del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito in legge.



Art. 20 bis
Presentazione immediata a giudizio dell’imputato in casi particolari (1).

1. Per i reati procedibili d’ufficio, in caso di flagranza di reato ovvero quando la prova è evidente, la polizia giudiziaria chiede al pubblico ministero l’autorizzazione a presentare immediatamente l’imputato a giudizio dinanzi al giudice di pace.

2. La richiesta di cui al comma 1, depositata presso la segreteria del pubblico ministero, contiene:
a) le generalità dell’imputato e del suo difensore, ove nominato;
b) l’indicazione delle persone offese dal reato;
c) la descrizione, in forma chiara e precisa, del fatto che si addebita all’imputato, con l’indicazione degli articoli di legge che si assumono violati;
d) l’indicazione delle fonti di prova a sostegno della richiesta, nonchè le generalità dei testimoni e dei consulenti tecnici, con espressa indicazione delle circostanze su cui deve vertere l’esame;
e) la richiesta di fissazione dell’udienza per procedere nei confronti delle persone citate a giudizio.

3. Salvo che ritenga di richiedere l’archiviazione, il pubblico ministero autorizza la presentazione immediata nei quindici giorni successivi, indicando la data e l’ora del giudizio dinanzi al giudice di pace e nominando un difensore d’ufficio all’imputato che ne è privo. Se non ritiene sussistere i presupposti per la presentazione immediata o se ritiene la richiesta manifestamente infondata ovvero presentata dinanzi ad un giudice di pace incompetente per territorio, il pubblico ministero provvede ai sensi dell’articolo 25, comma 2.

4. L’ufficiale giudiziario notifica senza ritardo all’imputato e al suo difensore copia della richiesta di cui al comma 2 e dell’autorizzazione del pubblico ministero contenente:
a) l’avviso all’imputato che se non compare sarà giudicato in contumacia;
b) l’avviso all’imputato che ha diritto di nominare un difensore di fiducia e che in mancanza sarà assistito da difensore di ufficio;
c) l’avviso che il fascicolo relativo alle indagini è depositato presso la segreteria del pubblico ministero e che le parti e i loro difensori hanno facoltà di prenderne visione e di estrarne copia.

5. Si applica l’articolo 20, comma 5.

(1) Articolo inserito dall'articolo 1, comma 17, lettera b), della legge 15 luglio 2009, n. 94.



Art. 20 ter
Citazione contestuale dell’imputato in udienza in casi particolari (1).

1. Nei casi previsti dall’articolo 20-bis, comma 1, quando ricorrono gravi e comprovate ragioni di urgenza che non consentono di attendere la fissazione dell’udienza ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, ovvero se l’imputato si trova a qualsiasi titolo sottoposto a misure di limitazione o privazione della libertà personale, la polizia giudiziaria formula altresì richiesta di citazione contestuale per l’udienza.

2. Se ritiene sussistere i presupposti di cui al comma 1, il pubblico ministero rinvia l’imputato direttamente dinanzi al giudice di pace con citazione per l’udienza contestuale all’autorizzazione di cui all’articolo 20-bis, comma 3, primo periodo; altrimenti provvede ai sensi del comma 3, secondo periodo, del medesimo articolo.

3. Quando il pubblico ministero dispone la citazione ai sensi del comma 2, la polizia giudiziaria conduce l’imputato che si trova a qualsiasi titolo sottoposto a misure di limitazione o privazione della libertà personale direttamente dinanzi al giudice di pace per la trattazione del procedimento, salvo che egli espressamente rinunzi a partecipare all’udienza. Se l’imputato non si trova sottoposto a misure di limitazione o privazione della libertà personale, la polizia giudiziaria notifica immediatamente allo stesso la richiesta di cui al comma 1 e il provvedimento del pubblico ministero. Copia della richiesta e del provvedimento del pubblico ministero sono altresì comunicati immediatamente al difensore.

(1) Articolo inserito dall'articolo 1, comma 17, lettera b), della legge 15 luglio 2009, n. 94.



Art. 21
Ricorso immediato al giudice.

1. Per i reati procedibili a querela è ammessa la citazione a giudizio dinanzi al giudice di pace della persona alla quale il reato è attribuito su ricorso della persona offesa.

2. Il ricorso deve contenere:
a ) l'indicazione del giudice;
b ) le generalità del ricorrente e, se si tratta di persona giuridica o di associazione non riconosciuta, la denominazione dell'ente, con l'indicazione del legale rappresentante;
c ) l'indicazione del difensore del ricorrente e la relativa nomina;
d ) l'indicazione delle altre persone offese dal medesimo reato delle quali il ricorrente conosca l'identità;
e) le generalità della persona citata a giudizio;
f ) la descrizione, in forma chiara e precisa, del fatto che si addebita alla persona citata a giudizio, con l'indicazione degli articoli di legge che si assumono violati;
g) i documenti di cui si chiede l'acquisizione;
h ) l'indicazione delle fonti di prova a sostegno della richiesta, nonchè delle circostanze su cui deve vertere l'esame dei testimoni e dei consulenti tecnici;
i ) la richiesta di fissazione dell'udienza per procedere nei confronti delle persone citate a giudizio.

3. Il ricorso deve essere sottoscritto dalla persona offesa o dal suo legale rappresentante e dal difensore. La sottoscrizione della persona offesa è autenticata dal difensore.

4. Nei casi previsti dagli articoli 120, secondo e terzo comma, e 121 del codice penale, il ricorso è sottoscritto, a seconda dei casi, dal genitore, dal tutore o dal curatore ovvero dal curatore speciale. Si osservano le disposizioni di cui all'art. 338 del codice di procedura penale.

5. La presentazione del ricorso produce gli stessi effetti della presentazione della querela.



Art. 22
Presentazione del ricorso.

1. Il ricorso, previamente comunicato al pubblico ministero mediante deposito di copia presso la sua segreteria, è presentato, a cura del ricorrente, con la prova dell'avvenuta comunicazione, nella cancelleria del giudice di pace competente per territorio nel termine di tre mesi dalla notizia del fatto che costituisce reato.

2. Se per il medesimo fatto la persona offesa ha già presentato querela, deve farne menzione nel ricorso, allegandone copia e depositando altra copia presso la segreteria del pubblico ministero.

3. Nel caso previsto dal comma 2, il giudice di pace dispone l'acquisizione della querela in originale.

4. Quando si procede in seguito a ricorso sono inapplicabili le diverse disposizioni che regolano la procedura ordinaria.



Art. 23
Costituzione di parte civile.

1. La costituzione di parte civile deve avvenire, a pena di decadenza, con la presentazione del ricorso. La richiesta motivata di restituzione o di risarcimento del danno contenuta nel ricorso è equiparata a tutti gli effetti alla costituzione di parte civile.



Art. 24
Inammissibilità del ricorso.

1. Il ricorso è inammissibile:
a ) se è presentato oltre il termine indicato dall'art. 22, comma 1;
b ) se risulta presentato fuori dei casi previsti;
c ) se non contiene i requisiti indicati nell'art. 21, comma 2, ovvero non risulta sottoscritto a norma dei commi 3 e 4 del medesimo articolo;
d ) se è insufficiente la descrizione del fatto o l'indicazione delle fonti di prova;
e ) se manca la prova dell'avvenuta comunicazione al pubblico ministero.



Art. 25
Richieste del pubblico ministero.

1. Entro dieci giorni dalla comunicazione del ricorso il pubblico ministero presenta le sue richieste nella cancelleria del giudice di pace.

2. Se ritiene il ricorso inammissibile o manifestamente infondato, ovvero presentato dinanzi ad un giudice di pace incompetente per territorio, il pubblico ministero esprime parere contrario alla citazione altrimenti formula l'imputazione confermando o modificando l'addebito contenuto nel ricorso.



Art. 26
Provvedimenti del giudice di pace.

1. Decorso il termine indicato nell'art. 25, il giudice di pace, anche se il pubblico ministero non ha presentato richieste, provvede a norma dei commi 2, 3 e 4.

2. Se ritiene il ricorso inammissibile o manifestamente infondato, il giudice di pace ne dispone la trasmissione al pubblico ministero per l'ulteriore corso del procedimento.

3. Se il ricorso risulta presentato per un reato che appartiene alla competenza di altro giudice, il giudice di pace ne dispone, con ordinanza, la trasmissione al pubblico ministero.

4. Se riconosce la propria incompetenza per territorio, il giudice di pace la dichiara con ordinanza e restituisce gli atti al ricorrente che, nel termine di venti giorni, ha facoltà di reiterare il ricorso davanti al giudice competente. L'inosservanza del termine è causa di inammissibilità del ricorso.



Art. 27
Decreto di convocazione delle parti.


1. Se non deve provvedere ai sensi dell'art. 26, il giudice di pace, entro venti giorni dal deposito del ricorso, convoca le parti in udienza con decreto.

2. Tra il giorno del deposito del ricorso e l'udienza non devono intercorrere più di novanta giorni.

3. Il decreto contiene:
a ) l'indicazione del giudice che procede, nonchè del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione;
b ) le generalità della persona nei cui confronti è stato presentato il ricorso, con l'invito a comparire e l'avvertimento che non comparendo sarà giudicato in contumacia;
c ) l'avviso che ha facoltà di nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza, sarà assistito dal difensore di ufficio nominato nel decreto;
d ) la trascrizione dell'imputazione;
e ) la data e la sottoscrizione del giudice e dell'ausiliario che l'assiste.

4. Il decreto, unitamente al ricorso, è notificato, a cura del ricorrente, al pubblico ministero, alla persona citata in giudizio e al suo difensore almeno venti giorni prima dell'udienza. Entro lo stesso termine il ricorrente notifica il decreto alle altre persone offese di cui conosca l'identità.

5. La convocazione è nulla se l'imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dal comma 3, lettere a ), b ), c ) e d ).



Art. 28
Pluralità di persone offese.

1. Il ricorso presentato da una fra più persone offese non impedisce alle altre di intervenire nel processo, con l'assistenza di un difensore e con gli stessi diritti che spettano al ricorrente principale.

2. Le persone offese intervenute possono costituirsi parte civile prima della dichiarazione di apertura del dibattimento.

3. La mancata comparizione delle persone offese, alle quali il decreto sia stato regolarmente notificato ai sensi dell'art. 27, comma 4, equivale a rinuncia al diritto di querela ovvero alla remissione della querela qualora sia stata già presentata.



CAPO IV
Giudizio



Art. 29
Udienza di comparizione.

1. Almeno sette giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione, il pubblico ministero o la persona offesa nel caso previsto dall'art. 21, depositano nella cancelleria del giudice di pace l'atto di citazione a giudizio con le relative notifiche.

2. Fuori dei casi previsti dagli articoli 20 e 21, le parti che intendono chiedere l'esame dei testimoni periti o consulenti tecnici nonchè delle persone indicate nell'art. 210 del codice di procedura penale, devono, a pena di inammissibilità, almeno sette giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione, depositare in cancelleria le liste con l'indicazione delle circostanze su cui deve vertere l'esame.

3. Nei casi in cui occorre rinnovare la convocazione o la citazione a giudizio ovvero le relative notificazioni, vi provvede il giudice di pace, anche d'ufficio.

4. Il giudice, quando il reato è perseguibile a querela, promuove la conciliazione tra le parti. In tal caso, qualora sia utile per favorire la conciliazione, il giudice può rinviare l'udienza per un periodo non superiore a due mesi e, ove occorra, può avvalersi anche dell'attività di mediazione di centri e strutture pubbliche o private presenti sul territorio. In ogni caso, le dichiarazioni rese dalle parti nel corso dell'attività di conciliazione non possono essere in alcun modo utilizzate ai fini della deliberazione.

5. In caso di conciliazione è redatto processo verbale attestante la remissione di querela o la rinuncia al ricorso di cui all'art. 21 e la relativa accettazione. La rinuncia al ricorso produce gli stessi effetti della remissione della querela.

6. Prima della dichiarazione di apertura del dibattimento l'imputato può presentare domanda di oblazione.

7. Dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, se può procedersi immediatamente al giudizio, il giudice ammette le prove richieste escludendo quelle vietate dalla legge, superflue o irrilevanti e invita le parti ad indicare gli atti da inserire nel fascicolo per il dibattimento, provvedendo a norma dell'art. 431 del codice di procedura penale. Le parti possono concordare l'acquisizione al fascicolo del dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, della documentazione relativa all'attività di investigazione difensiva, nonchè della documentazione allegata al ricorso di cui all'art. 21.

8. Se occorre fissare altra udienza per il giudizio, il giudice autorizza ciascuna parte alla citazione dei propri testimoni o consulenti tecnici, escludendo le testimonianze vietate dalla legge e quelle manifestamente sovrabbondanti. La parte che omette la citazione decade dalla prova.



Art. 30
Udienza di comparizione a seguito di ricorso al giudice da parte della persona offesa.

1. La mancata comparizione all'udienza del ricorrente o del suo procuratore speciale non dovuta ad impossibilità a comparire per caso fortuito o forza maggiore determina l'improcedibilità del ricorso, salvo che l'imputato o la persona offesa intervenuta e che abbia presentato querela chieda che si proceda al giudizio.

2. Con l'ordinanza con cui dichiara l'improcedibilità del ricorso ai sensi del comma 1, il giudice di pace condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali, nonchè al risarcimento dei danni in favore della persona citata in giudizio che ne abbia fatto domanda.

3. Se il reato contestato nell'imputazione non rientra tra quelli per cui è ammessa la citazione a giudizio su istanza della persona offesa, il giudice di pace trasmette gli atti al pubblico ministero, salvo che l'imputato chieda che si proceda ugualmente al giudizio.



Art. 31
Fissazione di nuova udienza a seguito di impossibilità a comparire.

1. In caso di dichiarazione di improcedibilità ai sensi dell'art. 30, comma 1, il ricorrente può presentare istanza di fissazione di nuova udienza se prova che la mancata comparizione è stata dovuta a caso fortuito o a forza maggiore.

2. L'istanza è presentata al giudice di pace entro dieci giorni dalla cessazione del fatto costituente caso fortuito o forza maggiore. Il termine è stabilito a pena di decadenza.

3. Se accoglie l'istanza, il giudice di pace convoca le parti, per una nuova udienza ai sensi dell'art. 27, invitando il ricorrente a provvedere alle notifiche a norma del comma 4 dello stesso articolo.

4. Contro il decreto motivato che respinge la richiesta di fissazione di nuova udienza può essere proposto ricorso al tribunale in composizione monocratica, ehe decide con ordinanza inoppugnabile.



Art. 32
Dibattimento.

1. Sull'accordo delle parti, l'esame dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici e delle parti private può essere condotto dal giudice sulla base delle domande e delle contestazioni proposte dal pubblico ministero e dai difensori.

2. Terminata l'acquisizione delle prove, il giudice, se risulta assolutamente necessario, può disporre anche d'ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prova, compresi quelli relativi agli atti acquisiti a norma dell'art. 29, comma 7.

3. Il verbale d'udienza, di regola, è redatto solo in forma riassuntiva.

4. La motivazione della sentenza è redatta dal giudice in forma abbreviata e depositata nel termine di quindici giorni dalla lettura del dispositivo. Il giudice può dettare la motivazione direttamente a verbale.

5. In caso di impedimento del giudice la sentenza è sottoscritta dal presidente del tribunale, previa menzione della causa di sostituzione.



Art.32 bis
Svolgimento del giudizio a presentazione immediata (1).

1. Nel corso del giudizio a presentazione immediata di cui agli articoli 20-bis e 20-ter si osservano le disposizioni dell’articolo 32.

2. La persona offesa e i testimoni possono essere citati anche oralmente dall’ufficiale giudiziario nel corso del giudizio a presentazione immediata di cui all’articolo 20-bis. Nel corso del giudizio a citazione contestuale di cui all’articolo 20-ter la persona offesa e i testimoni possono essere citati anche oralmente dall’ufficiale giudiziario ovvero dalla polizia giudiziaria.

3. Il pubblico ministero, l’imputato e la parte civile presentano direttamente a dibattimento i propri testimoni e consulenti tecnici.

4. Il pubblico ministero dà lettura dell’imputazione.

5. L’imputato è avvisato della facoltà di chiedere un termine a difesa non superiore a sette giorni. Quando l’imputato si avvale di tale facoltà, il dibattimento è sospeso fino all’udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine. Nel caso previsto dall’articolo 20-ter, il termine non può essere superiore a quarantotto ore.

(1) Articolo inserito dall'articolo 1, comma 17, lettera c), della legge 15 luglio 2009, n. 94.



Art. 33
Sentenza di condanna alla pena della permanenza domiciliare.

1. Subito dopo la pronuncia della sentenza di condanna alla pena della permanenza domiciliare, l'imputato o il difensore munito di procura speciale possono chiedere l'esecuzione continuativa della pena.

2. Il giudice, se ritiene di poter applicare in luogo della permanenza domiciliare la pena del lavoro di pubblica utilità, indica nella sentenza il tipo e la durata del lavoro di pubblica utilità che può essere richiesto dall'imputato o dal difensore munito di procura speciale.

3. Nel caso in cui l'imputato o il difensore formulino le richieste di cui ai commi 1 e 2, il giudice può fissare una nuova udienza a distanza di non più di dieci giorni, sempre che sussistano giustificati motivi.

4. Acquisite le richieste, il giudice integra il dispositivo della sentenza e ne dà lettura.



CAPO V
Definizioni alternative del procedimento



Art. 34
Esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto.

1. Il fatto è di particolare tenuità quando, rispetto all'interesse tutelato, l'esiguità del danno o del pericolo che ne è derivato, nonchè la sua occasionalità e il grado della colpevolezza non giustificano l'esercizio dell'azione penale, tenuto conto altresì del pregiudizio che l'ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta ad indagini o dell'imputato.

2. Nel corso delle indagini preliminari, il giudice dichiara con decreto d'archiviazione non doversi procedere per la particolare tenuità del fatto, solo se non risulta un interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento.

3. Se è stata esercitata l'azione penale, la particolare tenuità del fatto può essere dichiarata con sentenza solo se l'imputato e la persona offesa non si oppongono.



Art. 35
Estinzione del reato conseguente a condotte riparatorie.

1. Il giudice di pace, sentite le parti e l'eventuale persona offesa, dichiara con sentenza estinto il reato, enunciandone la causa nel dispositivo, quando l'imputato dimostra di aver proceduto, prima dell'udienza di comparizione, alla riparazione del danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e di aver eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato.

2. Il giudice di pace pronuncia la sentenza di estinzione del reato di cui al comma 1, solo se ritiene le attività risarcitorie e riparatorie idonee a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione.

3. Il giudice di pace può disporre la sospensione del processo, per un periodo non superiore a tre mesi, se l'imputato chiede nell'udienza di comparizione di poter provvedere agli adempimenti di cui al comma 1 e dimostri di non averlo potuto fare in precedenza; in tal caso, il giudice può imporre specifiche prescrizioni.

4. Con l'ordinanza di sospensione, il giudice incarica un ufficiale di polizia giudiziaria o un operatore di servizio sociale dell'ente locale di verificare l'effettivo svolgimento delle attività risarcitorie e riparatorie, fissando nuova udienza ad una data successiva al termine del periodo di sospensione.

5. Qualora accerti che le attività risarcitorie o riparatorie abbiano avuto esecuzione, il giudice, sentite le parti e l'eventuale persona offesa, dichiara con sentenza estinto il reato enunciandone la causa nel dispositivo.

6. Quando non provvede ai sensi dei commi 1 e 5, il giudice dispone la prosecuzione del procedimento.



CAPO VI
Disposizioni sulle impugnazioni



Art. 36
Impugnazione del pubblico ministero.

1. Il pubblico ministero può proporre appello contro le sentenze di condanna del giudice di pace che applicano una pena diversa da quella pecuniaria (1) .

2. Il pubblico ministero può proporre ricorso per cassazione contro le sentenze del giudice di pace.

(1) Comma così modificato dall'articolo 9 della legge 20 febbraio 2006, n. 46.



Art. 37
Impugnazione dell'imputato.

1. L'imputato può proporre appello contro le sentenze di condanna del giudice di pace che applicano una pena diversa da quella pecuniaria; può proporre appello anche contro le sentenze che applicano la pena pecuniaria se impugna il capo relativo alla condanna, anche generica, al risarcimento del danno.

2. L'imputato può proporre ricorso per cassazione contro le sentenze di condanna del giudice di pace che applicano la sola pena pecuniaria e contro le sentenze di proscioglimento.



Art. 38
Impugnazione del ricorrente che ha chiesto la citazione a giudizio dell'imputato.

1. Il ricorrente che ha chiesto la citazione a giudizio dell'imputato a norma dell'art. 21 può proporre impugnazione, anche agli effetti penali, contro la sentenza di proscioglimento del giudice di pace negli stessi casi in cui è ammessa l'impugnazione da parte del pubblico ministero.

2. Con il provvedimento che rigetta o dichiara inammissibile l'impugnazione, il ricorrente è condannato alla rifusione delle spese processuali sostenute dall'imputato e dal responsabile civile. Se vi è colpa grave, il ricorrente può essere condannato al risarcimento dei danni causati all'imputato e al responsabile civile.



Art. 39
Giudizio di appello.

1. Competente per il giudizio di appello è il tribunale del circondario in cui ha sede il giudice di pace che ha pronunciato la sentenza impugnata. Il tribunale giudica in composizione monocratica.

2. Oltre che nei casi previsti dall'art. 604 del codice di procedura penale, il giudice d'appello dispone l'annullamento della sentenza impugnata, disponendo la trasmissione degli atti al giudice di pace, anche quando l'imputato, contumace in primo grado, prova di non essere potuto comparire per caso fortuito o per forza maggiore o per non avere avuto conoscenza del provvedimento di citazione a giudizio, sempre che in tal caso il fatto non sia dovuto a sua colpa, ovvero, quando l'atto di citazione per il giudizio di primo grado è stato notificato mediante consegna al difensore nei casi previsti dagli articoli 159, 161, comma 4, e 169 del codice di procedura penale, non si sia sottratto volontariamente alla conoscenza degli atti del procedimento.



CAPO VII
Disposizioni sull'esecuzione



Art. 40
Giudice dell'esecuzione.

1. Salvo diversa disposizione di legge, competente a conoscere dell'esecuzione di un provvedimento è il giudice di pace che l'ha emesso.

2. Se l'esecuzione concerne più provvedimenti emessi da diversi giudici di pace, è competente il giudice che ha emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo.

3. Se i provvedimenti sono stati emessi dal giudice di pace e da altro giudice ordinario, è competente in ogni caso quest'ultimo.

4. Se i provvedimenti sono stati emessi dal giudice di pace e da un giudice speciale, è competente per l'esecuzione il tribunale in composizione collegiale nel cui circondario ha sede il giudice di pace.

5. Il giudice indicato nei commi da 1 a 4 è competente anche se il provvedimento da eseguire è stato comunque riformato.



Art. 41
Procedimento di esecuzione.

1. Salvo quanto previsto nel comma 2, nel procedimento di esecuzione davanti al giudice di pace si osservano le disposizioni di cui all'art. 666 del codice di procedura penale.

2. Contro il decreto del giudice di pace che dichiara inammissibile la richiesta formulata nel procedimento di esecuzione e contro l'ordinanza che decide sulla richiesta, l'interessato può proporre, entro quindici giorni dalla notifica del provvedimento, ricorso per motivi di legittimità al tribunale in composizione monocratica nel cui circondario ha sede il giudice di pace.

3. Il tribunale decide con ordinanza non impugnabile. Si osservano disposizioni di cui all'art. 127 del codice di procedura penale.



Art. 42
Esecuzione delle pene pecuniarie. (1)


(1) Articolo abrogato dall'art. 299, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, a decorrere dal 1° luglio 2002.



Art. 43
Esecuzione della pena della permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilità.

1. La sentenza penale irrevocabile è trasmessa per estratto a cura della cancelleria al pubblico ministero del circondario ove ha sede l'ufficio del giudice individuato in base all'art. 40.

2. Il pubblico ministero, emesso l'ordine di esecuzione, lo trasmette immediatamente, unitamente all'estratto della sentenza di condanna contenente le modalità di esecuzione della pena, all'ufficio di pubblica sicurezza del comune in cui il condannato risiede o, in mancanza di questo, al comando dell'Arma dei carabinieri territorialmente competente.

3. Appena ricevuto il provvedimento di cui al comma che precede, l'organo di polizia ne consegna copia al condannato ingiungendogli di attenersi alle prescrizioni in esso contenute. Qualora il condannato sia detenuto o internato, copia dell'ordine di esecuzione è notificato altresì al direttore dell'istituto o della sezione il quale informa anticipatamente l'organo di polizia della dimissione del condannato. In tal caso, la pena comincia a decorrere dal primo giorno di permanenza domiciliare o di lavoro sostitutivo successivo a quello della dimissione.



Art. 44
Modifica delle modalità di esecuzione della permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilità.

1. Le modalità di esecuzione della permanenza domiciliare e del divieto di cui all'art. 53, comma 3, eventualmente imposto, nonchè del lavoro di pubblica utilità, stabilite nella sentenza emessa dal giudice possono essere modificate per motivi di assoluta necessità dal giudice osservando le disposizioni dell'art. 666 del codice di procedura penale.

2. La richiesta di modifica non sospende l'esecuzione delle pene; in caso di assoluta urgenza, le modifiche possono essere adottate con provvedimento provvisorio revocabile nelle fasi successive del procedimento.



Art. 45
Certificati del casellario giudiziale richiesti dal privato.

1. Omissis. (1)

(1) Articolo abrogato dall'articolo 52 del D.P.R. del 14 novembre 2002, n. 313.



Art. 46
Eliminazione dal casellario giudiziale delle iscrizioni relative a sentenze del giudice di pace in materia penale.

1. Omissis. (1)

(1) Articolo abrogato dall'articolo 52 del D.P.R. del 14 novembre 2002, n. 313.



CAPO VIII
Norme di coordinamento e di attuazione



Art. 47
Modifica all'art. 6 del codice di procedura penale.


1.  Omissis. (1)

(1) Modifica l'art. 6 del c.p.p.



Art. 48
Competenza del giudice di pace dichiarata da altro giudice.

1. In ogni stato e grado del processo, se il giudice ritiene che il reato appartiene alla competenza del giudice di pace, lo dichiara con sentenza e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero. Le prove acquisite dal giudice incompetente sono utilizzabili nel processo davanti al giudice di pace.



Art. 49
Citazione a giudizio (1).

1. Ai fini dell'emissione della citazione a giudizio di cui all'art. 20, il pubblico ministero richiede al giudice di pace di indicare il giorno e l'ora della comparizione.

2. La richiesta del pubblico ministero e l'indicazione del giudice di pace sono comunicate anche con mezzi telematici.

(1) Rubrica sostituita dall'articolo 17 del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito in legge.



Art. 50
Delegati del procuratore della Repubblica nel procedimento penale davanti al giudice di pace.

1. Nei procedimenti penali davanti al giudice di pace, le funzioni del pubblico ministero possono essere svolte, per delega del procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario:
a) nell'udienza dibattimentale, da uditori giudiziari, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio, da personale in quiescenza da non più di due anni che nei cinque anni precedenti abbia svolto le funzioni di ufficiale di polizia giudiziaria, o da laureati in giurisprudenza che frequentano il secondo anno della scuola biennale di specializzazione per le professioni legali di cui all' articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398 (1);
b ) per gli atti del pubblico ministero previsti dagli articoli 15 e 25, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio;
c ) nei procedimenti in camera di consiglio di cui all'art. 127 del codice di procedura penale, nei procedimenti di esecuzione ai fini dell'intervento di cui all'art. 655, comma 2, del medesimo codice, e nei procedimenti di opposizione al decreto del pubblico ministero di liquidazione del compenso ai periti, consulenti tecnici e traduttori ai sensi dell'art. 11 della legge 8 luglio 1980, n. 319, da vice procuratori onorari addetti all'ufficio.

2. Nei casi indicati nel comma 1, la delega è conferita in relazione ad una determinata udienza o a un singolo procedimento.

3. La delega è revocabile nei soli casi in cui il codice di procedura penale prevede la sostituzione del pubblico ministero.

4. Si osservano le disposizioni di cui all'art. 162, commi 1, 3 e 4, del decreto legislativo 25 luglio 1989, n. 271.

(1) Lettera sostituita dall'articolo 17 del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito in legge.



Art. 51
Disposizioni regolamentari e sulla tenuta dei registri.

1. Con regolamento emanato ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro centocinquanta giorni dalla pubblicazione del presente decreto legislativo, il Ministro della giustizia adotta le disposizioni regolamentari relative ai procedimenti penali davanti al giudice di pace, che concernono:
a ) le modalità di formazione e tenuta dei fascicoli degli uffici giudiziari;
b ) Omissis (1) ;
c ) le altre attività necessarie per l'attuazione del presente decreto legislativo.

2. Il parere del Consiglio di Stato sul regolamento previsto nel comma 1 è reso entro trenta giorni dalla richiesta.

3. La disciplina sulla tenuta in forma automatizzata dei registri e delle altre forme di registrazione in materia penale è adottata con decreto del Ministro della giustizia.

(1) Lettera abrogata dall'articolo 52 del D.P.R. del 14 novembre 2002, n. 313.



TITOLO II
SANZIONI APPLICABILI DAL GIUDICE DI PACE



Art. 52
Sanzioni.

1. Ai reati attribuiti alla competenza del giudice di pace per i quali è prevista la sola pena della multa o dell'ammenda continuano ad applicarsi le pene pecuniarie vigenti.

2. Per gli altri reati di competenza del giudice di pace le pene sono così modificate:
a ) quando il reato è punito con la pena della reclusione o dell'arresto alternativa a quella della multa o dell'ammenda, si applica la pena pecuniaria della specie corrispondente da lire cinquecentomila a cinque milioni; se la pena detentiva è superiore nel massimo a sei mesi, si applica la predetta pena pecuniaria o la pena della permanenza domiciliare da sei giorni a trenta giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità per un periodo da dieci giorni a tre mesi;
b ) quando il reato è punito con la sola pena della reclusione o dell'arresto, si applica la pena pecuniaria della specie corrispondente da lire un milione a cinque milioni o la pena della permanenza domiciliare da quindici giorni a quarantacinque giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità da venti giorni a sei mesi;
c ) quando il reato è punito con la pena della reclusione o dell'arresto congiunta con quella della multa o dell'ammenda, si applica la pena pecuniaria della specie corrispondente da lire un milione e cinquecentomila a cinque milioni o la pena della permanenza domiciliare da venti giorni a quarantacinque giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità da un mese a sei mesi.

3. Nei casi di recidiva reiterata infraquinquennale, il giudice applica la pena della permanenza domiciliare o quella del lavoro di pubblica utilità, salvo che sussistano circostanze attenuanti ritenute prevalenti o equivalenti.

4. La disposizione del comma 3 non si applica quando il reato è punito con la sola pena pecuniaria nonchè nell'ipotesi indicata nel primo periodo della lettera a ) del comma 2.



Art. 53
Obbligo di permanenza domiciliare.

1. La pena della permanenza domiciliare comporta l'obbligo di rimanere presso la propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in un luogo di cura, assistenza o accoglienza nei giorni di sabato e domenica; il giudice, avuto riguardo alle esigenze familiari, di lavoro, di studio o di salute del condannato, può disporre che la pena venga eseguita in giorni diversi della settimana ovvero, a richiesta del condannato, continuativamente.

2. La durata della permanenza domiciliare non può essere inferiore a sei giorni nè superiore a quarantacinque; il condannato non è considerato in stato di detenzione.

3. Il giudice può altresì imporre al condannato, valutati i criteri di cui all'art. 133, comma secondo, del codice penale, il divieto di accedere a specifici luoghi nei giorni in cui non è obbligato alla permanenza domiciliare, tenuto conto delle esigenze familiari, di lavoro, di studio o di salute del condannato.

4. Il divieto non può avere durata superiore al doppio della durata massima della pena della permanenza domiciliare e cessa in ogni caso quando è stata interamente scontata la pena della permanenza domiciliare.



Art. 54
Lavoro di pubblica utilità.

1. Il giudice di pace può applicare la pena del lavoro di pubblica utilità solo su richiesta dell'imputato.

2. Il lavoro di pubblica utilità non può essere inferiore a dieci giorni nè superiore a sei mesi e consiste nella prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato.

3. L'attività viene svolta nell'ambito della provincia in cui risiede il condannato e comporta la prestazione di non più di sei ore di lavoro settimanale da svolgere con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Tuttavia, se il condannato lo richiede, il giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore alle sei ore settimanali.

4. La durata giornaliera della prestazione non può comunque oltrepassare le otto ore.

5. Ai fini del computo della pena, un giorno di lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione, anche non continuativa, di due ore di lavoro.

6. Fermo quanto previsto dal presente articolo, le modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità sono determinate dal Ministro della giustizia con decreto d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.



Art. 55
Conversione delle pene pecuniarie.

1. Per i reati di competenza del giudice di pace, la pena pecuniaria non eseguita per insolvibilità del condannato si converte, a richiesta del condannato, in lavoro sostitutivo da svolgere per un periodo non inferiore ad un mese e non superiore a sei mesi con le modalità indicate nell'art. 54.

2. Ai fini della conversione un giorno di lavoro sostitutivo equivale a lire venticinquemila di pena pecuniaria.

3. Il condannato può sempre far cessare la pena del lavoro sostitutivo pagando la pena pecuniaria, dedotta la somma corrispondente alla durata del lavoro prestato.

4. Quando è violato l'obbligo del lavoro sostitutivo conseguente alla conversione della pena pecuniaria, la parte di lavoro non ancora eseguito si converte nell'obbligo di permanenza domiciliare secondo i criteri di ragguaglio indicati nel comma 6.

5. Se il condannato non richiede di svolgere il lavoro sostitutivo, le pene pecuniarie non eseguite per insolvibilità si convertono nell'obbligo di permanenza domiciliare con le forme e nei modi previsti dall'art. 53, comma 1, in questo caso non è applicabile al condannato il divieto di cui all'art. 53, comma 3.

6. Ai fini della conversione un giorno di permanenza domiciliare equivale a lire cinquantamila di pena pecuniaria e la durata della permanenza non può essere superiore a quarantacinque giorni.



Art. 56
Violazione degli obblighi.

1. Il condannato che senza giusto motivo si allontana dai luoghi in cui è obbligato a permanere o che non si reca nel luogo in cui deve svolgere il lavoro di pubblica utilità o che lo abbandona è punito con la reclusione fino ad un anno.

2. Alla stessa pena soggiace il condannato che viola reiteratamente senza giusto motivo gli obblighi o i divieti inerenti alle pene della permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilità.

3. In caso di condanna non sono applicabili le sanzioni sostitutive previste dagli articoli 53 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689.



Art. 57
Competenza.

1. La competenza per il delitto di cui all'art. 56 è attribuita al tribunale in composizione monocratica.



Art. 58
Effetti delle sanzioni e criteri di ragguaglio.

1. Per ogni effetto giuridico la pena dell'obbligo di permanenza domiciliare e il lavoro di pubblica utilità si considerano come pena detentiva della specie corrispondente a quella della pena originaria.

2. Quando per qualsiasi effetto giuridico si deve eseguire un ragguaglio tra la pena detentiva e le pene di cui agli articoli 53 e 54, un giorno di pena detentiva equivale a due giorni di permanenza domiciliare o tre giorni di lavoro di pubblica utilità.

3. Un giorno di pena detentiva equivale a lire settantacinquemila di pena pecuniaria irrogata in luogo della pena detentiva a norma dell'art. 52.

4. In deroga a quanto stabilito nell'art. 78, primo comma, n. 3), del codice penale, la pena della multa o dell'ammenda non può comunque eccedere la somma di lire quindici milioni, ovvero la somma di lire sessanta milioni se il giudice si vale della facoltà di aumento indicata nel secondo comma dell'art. 133- bis dello stesso codice.



Art. 59
Controllo sull'osservanza delle sanzioni dell'obbligo di permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilità.

1. L'ufficio di pubblica sicurezza del luogo di esecuzione della pena o, in mancanza dell'ufficio di pubblica sicurezza, il comando dell'Arma dei carabinieri territorialmente competente effettua il controllo sull'osservanza degli obblighi connessi alla pena dell'obbligo di permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilità con le modalità stabilite dall'art. 65, commi primo e secondo, della legge 24 novembre 1981, n. 689, in quanto applicabile.



Art. 60
Esclusione della sospensione condizionale della pena.

1. Le disposizioni di cui agli articoli 163 e seguenti del codice penale, relative alla sospensione condizionale della pena, non si applicano alle pene irrogate dal giudice di pace.



Art. 61
Interruzione della prescrizione.

1. Il corso della prescrizione per i reati attribuiti alla cognizione del giudice di pace e interrotto, oltre che dagli atti indicati nell'art. 160 del codice penale, dalla citazione a giudizio disposta dalla polizia giudiziaria, dal decreto di convocazione delle parti emesso dal giudice di pace.



Art. 62
Inapplicabilità delle altre misure sostitutive della detenzione.

1. Le sanzioni sostitutive previste dagli articoli 53 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, non si applicano ai reati di competenza del giudice di pace.



Art. 62 bis
Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva (1).

1. Nei casi stabiliti dalla legge, il giudice di pace applica la misura sostitutiva di cui all’articolo 16 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

(1) Articolo inserito dall'articolo 1, comma 17, lettera d), della legge 15 luglio 2009, n. 94.



TITOLO III
DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE



Art. 63
Norme applicabili da parte di giudici diversi.

1. Nei casi in cui i reati indicati nell'art. 4, commi 1 e 2, sono giudicati da un giudice diverso dal giudice di pace, si osservano le disposizioni del titolo II del presente decreto legislativo, nonchè, in quanto applicabili, le disposizioni di cui agli articoli 33, 34, 35, 43 e 44.

2. Omissis. (1)

(1) Comma abrogato dall'articolo 52 del D.P.R. del 14 novembre 2002, n. 313.



Art. 64
Norma transitoria.

1. Le norme del presente decreto legislativo si applicano ai procedimenti relativi ai reati indicati nell'art. 4, commi 1 e 2, commessi dopo la sua entrata in vigore.

2. Ferma l'applicabilità dell'art. 2, comma terzo, del codice penale, nei procedimenti relativi a reati commessi prima della data di entrata in vigore del presente decreto legislativo si osservano le disposizioni dell'art. 63, comma 1; quando si tratta di reati commessi dopo la pubblicazione del presente decreto si osservano anche le disposizioni del titolo I se alla data di entrata in vigore non è ancora avvenuta l'iscrizione della notizia di reato. (1)

(1) Comma così modificato dall'articolo 52 del D.P.R. del 14 novembre 2002, n. 313.



Art. 65
Entrata in vigore.

1. Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno 2 gennaio 2002. (1)

(1) Comma sostituito dal d.l. 2 aprile 2001, n. 91, conv., con modificazioni, in l. 3 maggio 2001, n. 163.



Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addi' 28 agosto 2000

CIAMPI

Amato, Presidente del Consiglio dei Ministri
Fassino, Ministro della giustizia
Visto, il Guardasigilli: Fassino

 
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